I 10 album italiani che abbiamo amato nel 2021

Quando c’è da commentare l’operato dei cantanti nostrani - e in questo caso stabilire quali siano i migliori album italiani del 2021 - vince sempre un po’ spontaneo il paragone con i colleghi oltreoceano, in termini di numeri, spettacolarità delle esibizioni e cifre stilistiche. Ma chi l’ha detto che gli americani sono sempre un passo avanti agli altri? In questo 2021 povero di pubblicazioni #lifechanging è accaduto esattamente il contrario: gli italiani hanno fatto meglio delle pop stars made in USA. E vogliamo dimostrarvelo raccontandovi dieci dischi che abbiamo amato. I 10 migliori album italiani del 2021 che abbiamo amato ACHILLE LAURO | Lauro (Elektra/Warner Music) Vi ricordate i cinque “quadri” musicali presentati a Sanremo ispirati a cinque generi musicali diversi: gLam rock, rock And roll, popUlar music, punk Rock e classic Orchestra. Questo disco prova a farne un sunto in 13 brandi e circa 42 minuti d’ascolto. Mettere a fuoco ciascuno degli stili sopracitati sarebbe un’impresa titanica, ma Lauro dimostra il coraggio di volerci comunque provare, perché dalla sua ha il savoir faire di chi quei generi li ha assorbiti sin da ragazzino. Con le sue mille pose a volte finisce per contraddirsi - ed è anche questa la sua forza - ma rimane comunque un puro esemplare di razza di ragazzo rock’n’roll e questo ci basta. LOREDANA BERTÈ | Manifesto (Warner Music Italy) I commentatori l’hanno definito l’album “manifesto” della sua rinascita artistica. Ma Loredana non ha bisogno di alcuna rinascita. È già grandissima così com’è. E con il suo repertorio alle spalle potrebbe anche congedarsi definitivamente dagli studi discografici. Ma invece eccola qui in splendida forma e pronta a scalare le classifiche armata della sua voce inconfondibile e con sonorità radio-friendly che non hanno nulla da invidiare a quelle delle giovanissime. MAHMOOD | Ghettolimpo (Island Records) Il bianco e il nero. Il buio e la luce. Il sole e la Luna. Nel secondo album in studio di Mahmood coesistono universi dicotomici. Duali come l’anima dell’artista nostrano, combattuto tra pose mainstream e ritmiche sperimentali. Persistono le melodie killer cantilenanti che gli hanno permesso di distinguersi sulla scena italiana contemporanea e che ancora non risultano affatto ridondanti all’ascolto. Ghettolimpo è il secondo atto di una parabola artistica ascendente che ci riserverà ancora molte gioie. MADAME | Madame (Universal) Un disco d’esordio piaciuto anche a tanti ascoltatori non necessariamente in linea con il target anagrafico di Madame. Sarà la sua apprezzabile capacità di scrittura, saranno le sue doti interpretative evidenti, ma questa ragazza suona come un unicum che riesce a farsi ricordare anche dall’ascoltatore più distratto. Definirla – come qualcuno ha già fatto – “nuova voce pop della musica italiana” o “simbolo di una generazione fluida” rischia però di distorcerne l’immagine reale: Madame guarda il mondo dagli occhi di una ragazza di appena diciannove anni. Sovrastare la sua purezza con grosse etichette non serve a niente. CARMEN CONSOLI | Volevo fare la rockstar (Universal) Una prova d’artista che riaccende i riflettori sul talento della “cantantessa”. I nostalgici della Carmen Consoli più battagliera e politicamente scorretta rimarranno forse delusi, ma questo disco non torna sulle strade già battute del passato, al contrario scrive pagine nuove. Il tono delle riflessioni è ancora più maturo del solito, se possibile, e prova a sedurre con l’armonia delle melodie anziché usare il graffio delle chitarre e delle parole appuntite. MÅNESKIN | Teatro d’ira (Sony Music, RCA) Con 6 dischi di diamante, 133 platino e 34 oro a livello globale e quasi 4 miliardi di streaming su tutte le piattaforme digitali, Victoria, Damiano, Thomas e Ethan sono gli italiani più ascoltati al mondo su Spotify nel 2021, anno che li ha visti protagonisti di numerosi successi, dal primo posto al 71° Festival di Sanremo e all’Eurovision Song Contest con il brano “Zitti e Buoni”. I Måneskin hanno polarizzato la scena musicale italiana grazie a una presenza scenica notevole. L’arroganza dei vent’anni nel loro caso diventa irresistibile e può bastare, per adesso a incendiare qualsiasi palcoscenico. BLANCO | Blu celeste (Island Records) Un disco di confine, per sound e personalità. C’è il rap, il pop, l’RNB, la post-trap. Intenso e irrequieto, fluido e pornografico, “Blu celeste” vince tutto grazie all’interpretazione del suo cantore, astro nascente capace di trasmettere sentimenti intensi. Il guizzo compositivo c’è e le prove interpretative mettono il turbo a liriche che puntano dritte al cuore. ARISA | Ero romantica (Pipshow) Quando nel 2019 abbiamo ascoltato e recensito “Una nuova Rosalba in città” mai avremmo potuto prevedere una deviazione ad alto tasso d’erotismo come quella sintetizzata in questo disco. La svolta sexy di Arisa, reduce dal successo di Ballando con le Stelle, coincide con la sua prima pubblicazione da indipendente. “Ero romantica” esce infatti sotto la sua etichetta Pipshow. La parola chiave per non lasciarsi disorientare dall’ascolto? Cambiamento. LA RAPPRESENTANTE DI LISTA | My Mamma (Woodworm/Numero Uno) Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, titolari del brand La Rappresentante di Lista, raccontano temi di grande contemporaneità con una peculiare verve indie. Sulla copertina del disco un’opera dall’artista palermitana Manuela Di Pisa e ispirata al dipinto “L’origine du monde” del pittore francese Gustave Courbet. Teatralità e mondi urban si incontrano traccia dopo traccia dando luogo proprio a un quadro stratificato di molti significati: femminilità, consapevolezza del corpo, esigenza di esprimersi. MARRACASH | Noi, loro, gli altri (Universal) Una bomba a orologeria quanto a testi e densità dei contenuti. Un po’ meno esplosivo il côté stilistico e musicale. Ascoltando l’album non si può fare a meno di pensare “quanta verità”. In “Cosplayer” questa sensazione è così forte da annebbiare per un attimo la mente. Ma il rapper della Barona non è venuto fin qui per farci la paternale o spiegarci come va il mondo. Il suo punto d’osservazione non è diverso da quello di chi ascolta, perché il messaggio che l’artista vuole lanciare al suo pubblico è: sappiate distinguere tra verità e finzione.

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