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Sergei Polunin, l’ex James Dean della danza e quella canzone che…

Gli esordi folgoranti, il tunnel della droga, la pausa, la risalita e la passione per il cinema. A fare da spartiacque, poi, un video sulle note di una canzone già icona LGBT.

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In scena stasera a Modena con Satori e da ieri nei cinema italiani con il documentario biografico Dancer, Sergei Polunin è a tutti gli effetti la stella più luminosa del panorama mondiale della danza.

Il 28enne ucraino, arrivato a Londra a 13 anni, entrò alla Royal Ballet Academy con una borsa di studio fornita dalla Fondazione Rudolf Nureyev. Già a 19 anni, da primo ballerino della celebre istituzione (il più giovane di sempre), si guadagnò però la nomea di cattivo ragazzo della danza: droghe, tatuaggi (ben undici), feste scatenate e quell’abbandono improvviso all’apice del successo. Una crisi personale e artistica, si è detto, per un ragazzino cresciuto dai genitori con l’obiettivo di diventare il più bravo ballerino al mondo.

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La seconda fase della sua vita e della sua carriera vengono consacrate dalla canzone dell’artista irlandese Hozier Take Me to Church (2013). Un video apparso un paio di anni dopo, diretto dal celebre fotografo David LaChapelle e interpretato da un Polunin in stato di grazia, gli aprì le porte del mondo. “Fu l’inizio di un nuovo viaggio” ha raccontato all’Ansa.



Aveva deciso di abbandonare la danza per la carriera di attore, Sergei, ma quell’esperienza lo riportò dove tutto era iniziato. In un modo nuovo: “Trasformato, più focalizzato, ho iniziato ad ascoltarmi”. Il sodalizio con LaChapelle, di cui si è fatto tatuare le iniziali, continua ancora oggi: i due hanno collaborato a Satori di Project Polunin (un progetto artistico che si pone l’obiettivo di produrre nuove creazioni coreografiche grazie alla sinergia tra ballerini, coreografi, musicisti e artisti provenienti da diversi ambiti), di cui il ballerino ucraino ha firmato – per la prima volta in assoluto – la coreografia. “Satori parla di risveglio e presenza, che sono il segreto della vita. È un termine buddista – io non sono buddista – ma credo che ci sia una grande saggezza in questa religione. Se sei presente e continui a credere e a lavorare su questo concetto ti accorgi che non vuoi più ripetere sempre gli stessi errori” ha confidato.

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Il cinema, si diceva, è un’altra grande passione per lui: dopo il debutto in Assassinio sull’Orient Express di Kenneth Branagh, l’ex James Dean del balletto sarà nelle sale con Red Sparrow, thriller di Francis Lawrence in cui recita al fianco di Jennifer Lawrence, con The White Crow di Ralph Fiennes e con Lo schiaccianoci e i quattro regni accanto a Keira Knightley e Helen Mirren, dove interpreta un altro leggendario ballerino: Yuri Soloviev morto suicida a 37 anni nel lontano 1977.

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Il futuro? Da scoprire giorno per giorno. “Ho una lista bianca, non so cosa farò domani, so solo che ho così tante possibilità che devo solo fare la scelta migliore”.

E di scelte, a soli 28 anni, Sergei Polunin ne ha fatte tante.

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