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In Messico esiste un terzo genere, accettato da secoli dalle tribù locali

Totale libertà e assenza di definizioni e standard di genere: ma è davvero tutto così idilliaco? Ha provato a raccontarlo Ivan Olita per Nowness.

2 min. di lettura

A Oaxaca, uno degli stati più meridionali del Messico, il popolo degli indigeni Zapotec ha abbracciato da secoli un terzo di genere all’interno della comunità: i Muxe.

Il termine zapoteco muxe deriva probabilmente da mujer ed è usato per descrivere ragazzi e uomini che scelgono di identificarsi come donne o non sono in grado di identificarsi concretamente con i generi canonici.

Sull’istmo di Tehuantepec, soprattutto in Juchitán, ogni famiglia considera una benedizione avere un figlio gay o muxe“, afferma Susana Trilling, che gestisce una scuola di cucina ad alcune ore di distanza da Juchitán. “Questi figli fanno artigianato e vendono ricami al mercato con le donne, mentre gli uomini lavorano nei campi, quindi è un vantaggio monetario alla famiglia. E mentre le figlie si sposano e lasciano casa, un muxe si preoccupa per i suoi genitori nella loro vecchiaia e provvede al cibo e ai loro bisogni“.

Secondo alcuni antropologi, l’accettazione di persone di genere non definito come i muxe può essere ricondotta al Messico precolombiano (cioè precedente alla scoperta dell’America del 1492): infatti i sacerdoti aztechi e le divinità maya vestivano sia in modo maschile sia femminile ed erano considerate a metà tra i due sessi.

Dal 1970, la città tiene un festival di tre giorni chiamato “Vela de las Intrepidas” per celebrare i muxe. Molti crossdresser camminano per le strade, così come nella loro vita quotidiana, durante questo evento speciale. In molti lo hanno erroneamente definito un “paradiso per i gay e i transgender” ma il tema è più delicato e le sfumature di genere più sottili.

Esistono infatti muxe che hanno rapporti omosessuali o muxe sposati, muxe vestidas crossdressers o muxe pintadas, che usano abiti maschili ma si truccano in modo femminile.

L’antropologo Beverly Chiñas spiega che nella cultura zapoteca “quasi tutti percepiscono il loro genere come qualcosa che Dio gli ha donato, e quindi quasi nessuno dei muxe desidera l’intervento chirurgico di riassegnazione. Non soffrono di disforia di genere perché la transfobia è un’attitudine rara nella loro cultura e in generale sono ben integrati nella società. Il loro modo di vestire è riconoscibile dalla popolazione e non ci sono vincoli o costrizioni come nelle società occidentali“. Anche la studiosa Lynn Stephen scrive che “I muxe non sono ‘omosessuali’ e costituiscono una categoria di genere separata. Le persone li percepiscono come aventi un corpo maschile ma con differente estetica, lavoro, ruolo sociale dalla maggior parte degli uomini. Possono avere alcuni attributi femminili o combinare attributi maschili e femminili. Se scelgono uomini come partner sessuali non vengono necessariamente definiti come gay: il termine utilizzato in questo caso è mayate“.

Totale libertà, accettazione, con ben poca definizione di standard a priori: ma è davvero tutto così idilliaco? Ha provato a raccontarlo Ivan Olita nella seconda puntata di Define Gender, serie online realizzata per Nowness.

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