Moonlight: 4 anni fa usciva al cinema il primo film LGBT a vincere l’Oscar

Arrivato in Italia il 16 febbraio del 2017, il film diretto da Barry Jenkins è una pietra miliare per la cinematografia arcobaleno.

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Ci sono film che non si dimenticano facilmente. Come Moonlight, ad esempio.  Soprattutto nell’ambito della cinematografia LGBT, diversi sono i titoli che sono rimasti nell’immaginario del pubblico. Tra i tanti, oggi ricordiamo il ‘mito’ di Moonlight. Il 16 febbraio di quattro anni fa, era il 2017, il film di Barry Jenkins è arrivato per la prima volta nei cinema italiani. Dopo che è stato presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival e successivamente al Toronto Film Festival, nel 2016 è stato il film di apertura del Roma Cinema Fest.

Il regista de ‘Se la strada potesse parlare’, con Moonlight ha portato sul grande schermo un’intensa storia di amore e di formazione, che volge uno sguardo disamorato al mondo LGBT. È stato il film che ha sdoganato (definitivamente)  la tematica queer agli Oscar e, proprio nel 2017,  ha fatto incetta di statuette, vincendo anche quella di miglior film. Moonlinght ha fatto storia. Ha lasciato un’impronta nel mondo del cinema. E su questo non si discute.  Però, non vuol dire che sia stato un film facile da digerire.

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E’ come se fosse stratificato, è come se fosse un libro che si lascia scoprire pagina dopo pagina. E’ una storia fatta di sguardi, di silenzi assordanti, di scelte di vita e prese di petto. È un racconto che non si ferma in superficie, ma scava a fondo nei personaggi, regalando un ritratto coeso ma di grande impatto sull’accettazione di se stessi e sulla vita di un giovane senza un passato e senza futuro.

Il significato di Moonlight

È suddiviso in tre capitoli, ‘Piccolo’, ‘Chiron’ e ‘Black’, i quali si soffermano ognuno su una fase ben precisa della vita del protagonista. Ambientato a Liberty City, un sobborgo difficile di Miami, segnato da droga e violenza, il piccolo Chiron è in fuga da se stesso. Bullizzato a scuola e dai suoi compagni, trova rifugio fra le braccia di Juan (Maharshala Ali). Lui è uno spacciatore che, intenerito dai trascorsi di Chiron, si prenderà cura del piccolo.

Conscio di non avere una situazione familiare assai serena, Juan lo accoglie in casa come se fosse un figlio. È nell’età dell’adolescenza e alla morte dell’unico uomo che non lo aveva mai giudicato, che Chiron (Trevante Rhodes) conosce se stesso e riesce a comprendere quel senso di inadeguatezza. Conosce l’amore, l’attrazione fisica per un ragazzo, conosce il sesso, il batticuore e conosce (ancora una volta) il giudizio della gente.

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È alla fine del film, nel terzo capitolo, ormai uomo e adulto, che Chiron deve fare i conti con il suo passato. Kevin (Andrè Holland) fa ritorno nella sua vita come un fulmine a ciel sereno. Un ritorno inaspettato che sconvolge la sua routine e quella vita asettica senza nessun guizzo. In un notte, quello che pareva un sogno lontano, tutto quello che non era mai stato, diventa una pura e semplice realtà. Il film finisce proprio sul più bello, con un abbraccio, con uno sguardo al passato, con il rumore del mare che si infrange sul bagnasciuga, e il ricordo di un sentimento che è sopravvissuto a tutto. Persino allo scorrere del tempo.

Moonlight è ispirato a un’opera teatrale del 2003 scritta da Trell Alvin McCraney. Si tratta di un’opera simil-autobiografica in cui lo scrittore ha voluto affrontare la morte della madre che era malata di Aids. L’opera, però, non è mai stata messa in scesa. È rimasta in un cassetto fino a quando non è stata adattata per il film di Barry Jenkins. Portare Moonlinght sul grande schermo non è stato comunque un percorso facile. Il regista, dopo il fulminante esordio con Medicine for Melancholy del 2008, ha faticato a trovare un progetto a cui dedicarsi.

Dalla pièce teatrale al film di Barry Jenkins

Prima che la storia di Chiron diventasse realtà, ha scritto una sceneggiatura che non è mai stata acquistata da nessuna major. Ed è stato grazie alla collaborazione con Adele Romanski che sono stati acquistati i diritti della pièce teatrale di McCraney. Il testo era pronto dal 2013 ed è stato scritto in un mese durante il soggiorno di Jenkins a Bruxsells. Solo nel 2014 il progetto è diventato realtà.

Distribuito prima nei festival e poi nelle sale, Moonlight è stato apprezzato dalla critica fin dall’inizio. Premiato perché il regista è stato capace di dirigere e raccontare un ritratto veritiero di un ragazzo nero e gay nella periferia difficile di Miami, in un realtà in cui vige ancora la regola del più forte. Impatto diverso sul pubblico più generalista che non è riuscito ad apprezzare fino un film dalla morale molto sottile.

Complice la sua impostazione teatrale, sicuramente ha influito molto la narrazione discontinua e poco incisiva, che di fatto però è ciò che ha reso Moonlight il piccolo capolavoro che tutti conosciamo. Ha trionfato sia ai Golden Globe come Miglior Film Drammatico, e agli Oscar si è portato a casa ben tre statuette. Non solo quella di Miglior Film, ma anche quella di Miglior attore non protagonista e Miglior Sceneggiatura non originale.



Ed è stato il primo film a tema LGBT a ottenere un riconoscimento di questa portata. Premiato anche e soprattutto per un cast composto da attori unicamente afroamericani. Nella competizione, Moonlight scippa l’Oscar al favoritissimo La La Land. Infatti, all’annuncio del miglior Film dell’anno, prima è stata riconosciuta la vittoria la pellicola di Chazelle, per assegnarla poi a Moonlight.

A quattro anni dalla sua prima uscita, la cinematografia LGBT ha subito una grande trasformazione. Moonlinght ha fatto scuola e, in un certo qual modo, dopo il film di Jenkins c’è stata una maggiore attenzione alla produzione di genere. Anche se le pellicole  sono rimaste relegate nel circuito dei festival e in quelli dei cinema d’essai, il mondo arcobaleno ha trovato comunque lo spazio giusto in un mondo in continuo movimento. Moonlight ha rotto gli schemi. Non è stato né il primo né sarà l’ultimo, ma sicuramente occupa uno posto  importante nell’Olimpo dei più grandi.



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