Quando ero ragazzino le riviste porno erano il solo veicolo di piacere erotico mediatico disponibile. Si sentiva parlare di filmini porno (dove il diminutivo sembrava quasi voler alleggerire la tensione peccaminosa che si provava nel vedere corpi nudi e contorti dal piacere dell’amplesso) ma pochi avevano il lettore VHS e ancora meno delle videocassette erotiche. Ovviamente nessuno di noi poteva comprare giornaletti zozzi (altro indulgente diminutivo) tanto più che non avrebbe neppure avuto il coraggio necessario per farlo, e così l’unica maniera di procurarsene era attraverso l’eredità tramandata da qualche ragazzo ormai tanto più grande di noi da avere finalmente una fidanzatina che gliela mostrasse dal vero.
Una volta arrivati in possesso del “sacro reperto”, questo veniva passato di mano in mano tra gli amici, con la fetida conseguenza che a ogni passaggio le pagine increspate dall’umido di fluidi corporei incontrollati erano sempre più rigide e crepitanti. Sebbene mi fosse capitato di darci una sbirciata qualche volta, di sfuggita, durante qualche passaggio di consegna, non ebbi mai la possibilità di portarne una copia con me, un po’ perché mia madre ha sempre inteso le pulizie di casa come un rastrellamento nazista nel ghetto di Varsavia e a meno che non mi fossi ingoiato le pagine dopo averle sfogliate lo avrebbe trovato nel giro di 3 minuti, un po’ perché l’istinto maschile dei miei amichetti (certo ancora in nuce) alla vista dei miei calzini fatti all’uncinetto indossati al posto dei più virili calzettoni di spugna li aveva insospettiti sul fatto che io non fossi esattamente uguale a loro, venendo così estromesso da “le cose da maschi”.
Ma a volte anche a un controllo censore come quello dei genitori può sfuggire qualcosa che all’apparenza sembra tutt’altro che un veicolo di depravazione ovvero: Postal Market.
Oggi questa gloriosa rivista che stampava più copie dell’attuale catalogo di Ikea non esiste più, spazzato via dall’avvento degli acquisti on-line, ma all’epoca era quasi uno status del benessere economico degli anni ottanta. Tra elettrodomestici da cucina e complementi d’arredo per il giardino c’era la sezione dedicata all’abbigliamento intimo. Pagine intere di primi piani di slip che avvolgevano con evidente aderenza pacchi rigonfi di modelli da catalogo.Scoprii che anche mio cugino, più o meno della mia età, guardava con la stessa brama la sua copia di Postal Market (ovviamente lui si concentrava sull’intimo femminile) e questa scoperta mi aveva fatto sentire meno pervertito di quanto inizialmente mi sentissi ogni volta che mi rintanavo in bagno con quello stesso catalogo che invece i miei usavano per comprare un barbecue da pic nic.
La settimana scorsa ero a casa di amici di amici per i soliti giochi di carte natalizi. Io oltre il 7 e mezzo non vado e neppure quello mi piace un granché. Mentre il salone si trasforma in una bisca clandestina, io mi ritiro nella camera da letto a sfogliare le riviste internazionali del padrone di casa. Me ne capita sotto mano una inglese.
Passo in rassegna annoiatamente le pagine che raccontano di corna e nuovi amori che vedono coinvolti gli equivalenti britannici di Fabrizio Corona e Antonella Clerici, fino a quando non appare la pubblicità della linea di intimo disegnata da David Beckham (poco meno di 10 sterline, poco più di 10 euro, qualora foste interessati). Mi sfugge cosa possa esserci poi da disegnare per una mutanda da uomo, ma è un dubbio fugace che dura un millesimo di secondo, soppiantato piuttosto dallo spettacolo del calciatore del Galaxy seminudo, che nella sua lunga carriera di star olistica ha passato più tempo in slip davanti all’obiettivo delle macchine fotografiche che di fronte alla porta degli avversari. È ancora molto sexy, muscoli tonici, sguardo assassino, con più tatuaggi di un detenuto di Guantanamo, e indossa questi boxer aderenti dove il rigonfiamento esagerato getta pesanti sospetti su un intervento di post produzione. Ed eccomi lì, 38 anni suonati, rapito davanti alla foto di un uomo in mutande con la stessa enfasi di Stendhal al cospetto dei monumenti fiorentini.
Insomma, uno si convince che con la pratica erotica e sessuale esperita in tanti anni di onorata carriera abbia contribuito all’innalzamento della soglia dell’emozione chiedendo tributi sempre più sofisticati e concreti per raggiungere l’eccitazione e invece no, mi basta poi la foto patinata di un uomo in mutande e torno ai 15 anni, esattamente come il sapore del ciambellone materno saprebbe riportarmi all’infanzia, e se non fosse stato per il sospetto che avrei destato arrotolandomi la rivista sotto l’ascella chiedendo al padrone di casa dove fosse il bagno quella serata si sarebbe conclusa con una regressione emotiva in perfetto stile freudiano.
di Insy Loan ad alcuni meglio noto come Alessandro Michetti
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