Inclusione, diversità, equità sono solo alcune tra le parole che abbiamo sentito e imparato a pronunciare in questo 2023.
Tuttə, infatti, da quando il cosiddetto politically correct – e menomale – ha preso piede anche in Italia, proviamo a fare attenzione ai termini che utilizziamo. Che si tratti di discorsi di tutti i giorni, colloqui informali o dissertazioni istituzionali, ognunə di noi ha imparato a proprie spese che anche un piccolo gesto, o una parola di troppo, può fare la differenza. Chi più, chi meno, dunque, tuttə stiamo cercando di fare la nostra parte.
C’è chi, però, ancora oggi finge che le diversità – o forse dovremmo chiamarla normalità, formata da una molteplicità di forme – non esistano: tra questi rientra a pieno titolo il mondo della pubblicità che negli ultimi anni, al massimo, si è fatta portavoce del cosiddetto greenwashing – strategia di comunicazione finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti -, senza mai agire effettivamente per diventare a tutti gli effetti equa ed inclusiva.
La pubblicità è davvero inclusiva? I dati sono allarmanti
Una recente indagine statistica, infatti, ha dimostrato che su quasi 450.000 pubblicità trasmesse in prima serata sulla TV via cavo e via etere nel febbraio 2021 negli USA, solo l’1% includeva la rappresentazione di temi, immagini o argomenti legati alla disabilità (dati Nielsen Ad Intel). A questo dato, già di suo allarmante, si aggiunge quello del nostro Paese dove non è stato nemmeno possibile effettuare una rilevazione poiché non sono disponibili dati collettivi nazionali a riguardo.
In questo quadro desolante di sottorappresentazione, va aggiunto anche che la disabilità è stata a lungo raccontata male: attraverso narrazioni stereotipate, eroiche o pietistiche, non rappresentative o scorrette, che hanno contribuito a formare un immaginario sociale che anziché includerle marginalizza le persone con disabilità. Sottovalutando, di fatto, il loro potere di scelta come consumatori e consumatrici.
Lo dimostrano tutte le campagne di marketing che ogni giorno infestano la nostra vita, che si tratti del feed di Instagram, di un videoclip musicale o di una trasmissione televisiva. Nessuna di queste pubblicità, infatti, tende ad essere effettivamente inclusiva eppure – e i dati parlano chiaro – le persone con disabilità sono circa il 26% della popolazione degli Stati Uniti e il 24% dell’Unione Europea (Dati Nielsen Ad Intel, 2021; dati Eurostat 2019).
Quante volte avete visto promuovere il vostro detersivo preferito da un ragazzo con difficoltà motorie oppure la cialda del caffè dallo studente non vedente che necessità di caffeina per preparare il proprio esame? O ancora, quante volte nelle famiglie utilizzate in tv per promuovere i prodotti avete visto un bambino con la sindrome di down? Praticamente nessuna.
showREAL: la campagna a favore dell’inclusione nelle pubblicità
Per provare ad invertire questa triste tendenza, Valore D, Fondazione Diversity, OBE e YAM112003, con la partecipazione di tre creator con disabilità – Arianna Talamona, Ludovica Billi e Marco Andriano – domenica 3 dicembre 2023 hanno dato il via al progetto “showREAL” volto a sensibilizzare le aziende e il mondo della comunicazione ad adottare una rappresentazione autentica delle persone con disabilità, rompere gli stereotipi e cambiare la narrazione per accelerare il processo di inclusione, ancora decisamente molto indietro nel nostro Paese.
Nei video, dunque, i creator coinvolti, si autopromuovono mostrando le proprie capacità ai reparti marketing e agenzie pubblicitarie per farsi scegliere come protagonisti dei loro prossimi spot. “Nothing about Us, Without Us” è la regola d’oro a cui questo progetto si ispira per contribuire alla costruzione di un mondo più inclusivo, dove la rappresentazione autentica della disabilità non sia più un’eccezione.
Speriamo dunque che questa operazione possa portare ognunə di noi a comprendere quanto sia importante cambiare la narrazione di tutto ciò che ci circonda, partendo proprio dalle piccole cose. Per farlo, forse, dovremmo iniziare a dare meno per scontato il fatto di poterci immedesimare nei modelli che vediamo rappresentati in tv, aprendo le porte a tutte le sfumature della realtà.
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