Abbiamo spesso parlato, negli scorsi mesi, della difficile situazione per la comunità LGBTI in Turchia (qui per leggere le notizie passate), dove se pur non esistano leggi dichiaratamente discriminatorie, di fatto essere omosessuali è incredibilmente complicato. Più recentemente è stato pubblicato il primo studio a riguardo, intitolato “Problemi sociali ed economici delle persone LGBTI in Turchia” realizzato dai ricercatori Volkan Yilmaz e İpek Göçmen (Università del Bosforo) con l’assistenza di Cansu Atlay: dall’analisi emergono dati piuttosto preoccupanti.
Il campione piuttosto esiguo (2.875 persone) rivela, per il 57,9%, che deve fare più di mezz’ora di auto per raggiungere un luogo considerato “sicuro”, dove poter essere se stessi senza paura. Solo il 22% dice di non aver avuto problemi in famiglia dopo aver fatto coming out e più del 50% degli intervistati è da collocare nella fascia tra i 18 e i 25 anni, mentre solo il 12,9% tra i 36 e i 45. Questo rivela fondamentalmente due cose: la prima è che non c’è un investimento adeguato nella costruzione di una rete di sostegno alle persone LGBTI e alle loro famiglie, e la seconda che, nonostante la situazione stia progressivamente migliorando di generazione in generazione, permane uno stigma nella popolazione riguardo all’accettazione dell’omosessualità. Inoltre, il 61% dei partecipanti non si sente tutelato per la vecchiaia, mentre il 51,8% ritiene che non riceverà nessun tipo di aiuto da parte dello Stato per quel che riguarda l’assistenza sanitaria e pensionistica in futuro. Yilmaz spiega così questi risultati: “In Turchia la cura degli anziani viene per la maggior parte considerata non come un servizio pubblico, bensì un dono da tramandare da generazione in generazione da gestire all’interno delle famiglie biologiche. Se si considera che quando gli LGBTI vengono allo scoperto hanno in genere problemi con la famiglia biologica e la cura degli anziani non è considerato un servizio pubblico, le persone tendono naturalmente a preoccuparsi per la loro vecchiaia”.
In questo senso ha voluto muoversi Amnesty International, che ha pubblicato nei giorni scorsi una campagna di sensibilizzazione alla comunità LGBTI chiamata “Gay Turtle” che è diventata virale: in un negozio, dei clienti interessati a comprare una carinissima coppia di tartarughe impallidiscono quando scoprono che queste sono gay, e si rifiutano categoricamente di acquistarle. Il video è subito diventato virale anche grazie all‘hashtag #gayturtle e ha avuto migliaia di visualizzazioni, 8.000 reazioni e più di 25.000 condivisioni, senza contare le centinaia di commenti sulle varie piattaforme social. Un espediente semplice e al limite della comicità, per affrontare il tema e diffonderlo in vasta scala all’interno della popolazione turca.
Di seguito il video della campagna diffusa sul web e qui il link al sito della delegazione turca di Amnesty.
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