Ecco un romanzo che, quando uscì negli Stati Uniti nel 1948, fece scandalo e scalpore. Stiamo parlando di La statua di sale scritto da Gore Vidal, immaginifico capolavoro che nessun giornale americano volle recensire e il New York Times si rifiutò di pubblicizzare. Un vecchio amico editor addirittura gli disse: “Non ti perdoneranno mai per questo. Tra vent’anni ti attaccheranno ancora”.
L’allora settimanale Life lo accusò di “aver fatto diventare omosessuale la più grande nazione del mondo”. E pensare che l’anno prima l’aveva fotografato in gagliarda uniforme accanto a una nave.
Al contrario, autori del calibro di Christopher Isherwood e Thomas Mann furono estasiati e quest’ultimo ne parlò a lungo nei suoi Diari arrivandolo a definire “un importante documento umano, di eccellente e illuminante verità”.
È un grande libro sentimentale, La statua di sale (in Italia ebbe anche due titoli alternativi, Jim e La città perversa mentre l’originale, The City and the Pillar significa La Città e il Pilastro), con un memorabile protagonista, Jim appunto, innamorato del suo migliore amico Bob dopo un weekend di passione sfrenata in riva a un fiume della Virginia. Jim Villard è piacente, il classico ‘bello e impossibile’, molto atletico e realmente ossessionato da Bob. Ama anche lui il tennis. Trascorrerà interi anni alla ricerca di Bob che ha deciso di trascorrere la sua vita in mare, realmente imperturbabile rispetto ai vari amanti che si susseguono, come la statua di sale citata dalla Bibbia (la moglie di Lot si volta e diventa proprio una statua di sale). Jim si porterà a letto persino il divo hollywoodiano Ronald Shaw, ma neanche lui riuscirà a fare breccia nel suo cuore. Solo con lo scrittore giramondo ma frustrato Paul sembra che le cose cambino ma è solo un’impressione. Arriva la guerra: Jim e Sullivan decidono di arruolarsi. Sempre alla ricerca degli occhi di Bob, Jim tenterà approcci anche goffi con altri militari e frequenterà bar seminascosti per dare sfogo alle proprie pulsioni.
Quando Jim e Bob si rincontreranno, dopo sette anni, la loro vita muterà per sempre.
Si tratta di uno dei primi romanzi moderni in cui l’omosessualità è esplicita e in chiave realistica ma il tema dominante è essenzialmente la difficoltà nel riuscire ad essere sé stessi. Jim è costantemente a disagio, non riesce a comunicare neanche coi propri cari. Ad un certo punto, quando conosce la bella e infelice ereditiera Maria, verrà persino attanagliato dal dubbio di essere omosessuale. “Niente cambia. Eppure nulla di ciò che è, potrà essere ciò che è stato” si legge a un certo punto nel romanzo, quasi a suggellare lo stato di immobilismo apatico del protagonista, il quale non può non sottrarsi al fluire degli eventi che inevitabilmente cambiano le cose.
Lo stile adottato da Vidal è secco, duro, senza fronzoli, con poche, essenziali descrizioni. Da leggere assolutamente.
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