Celebriamo la Giornata Internazionale della Donna ripercorrendo la storia e il pensiero di cinque tra le voci femministe più autorevoli e influenti della storia recente.
1) bell hooks
Complice di aver portato il dibattito intorno ai temi dell’intersezionalità fuori dai circoli accademici, bell hooks è l’intellettuale che più di tutte ha scritto del potere sedizioso, politico, dell’educazione. La saggista è nata a Hopkinsville, Kentucky, nel 1952 ai tempi della segregazione razziale. Suo padre è un inserviente e sua madre, invece, una casalinga. hooks – al secolo Gloria Jean Watkins – è dunque da subito consapevole del motore che regole le ingiustizie etniche e sociali, di cui si occuperà a lungo nel corso della sua carriera di scrittrice. Il suo debutto, a questo proposito, risale al 1981 quando pubblica il saggio Ain’t I a Woman. Black Women and Feminism (prima di questo pubblica una raccolta di poesie dal titolo And There We Wept), che intercetta le conseguenze del sessismo e del razzismo sui corpi delle donne nere. Seguono, negli anni successivi, alcuni tra i suoi testi più importanti, tutti votati all’elogio del margine e della disobbedienza collettiva. Sovversivo e gentile, il pensiero di bell hooks – scritto così, rigorosamente in minuscolo – è quello di cui abbiamo bisogno per riscoprirci parte di un corpo vivo. Le sue opere sono oggi in fase di ri-pubblicazione per Il Saggiatore, Meltemi e Tamu.
2) Audre Lorde
Audre Lorde ha scelto di definirsi come «guerriera». Nata e cresciuta ad Harlem da una famiglia di immigrati caraibici, la poeta e attivista sa bene – e lo sa sin da subito – qual è la sensazione che rimane avvinghiata ai muscoli dopo la battaglia o la traversata. La sua vita e il suo pensiero sono stati gesti ostinati, sempre attuati controvento. Voce nera nell’egemonia del femminismo bianco, donna (e madre) queer in un mondo eteronormato. Ogni suo movimento e ogni sua parola sono connotati politicamente. I suoi testi, che raccontano da una prospettiva civile le potenzialità dell’Eros e i limiti di una società che ancora marginalizza e violenta le donne, specialmente se razzializzate e appartenenti alla working class, trasudano ideali e vocazione militante. Tra i più celebri si ricordano Sorella Outsider del 1984, oggi edito da Meltemi, e The Cancer Journal – questo non ancora tradotto in italiano – il resoconto di una malattia letale, un carcinoma al seno, che l’ha condotta sino alla morte.
3) Deborah Lévy
Il Guardian ha scritto che la letteratura di Deborah Levy può infiltrarsi nella mente, cambiare una vita. Leggendo Cose che non voglio sapere, da qualche giorno edito in Italia da NN nella traduzione di Gioia Guerzoni, si ha in effetti proprio questa sensazione: ogni gesto, anche il più impercettibile, è attraversato da un vigore politico, che trascende l’intimità per farsi esperienza comune. Primo volume di una trilogia autobiografica in movimento, questo libro prende l’avvio dà una donna che piange sulle scale mobili della sua città – piange e poi parte, poi ancora piange – per riscoprire il senso del femminismo e rendere evidenti le maglie che legano la lotta per i diritti civili al ruolo della scrittura. Senza esagerare: un capolavoro.
4) Alice Walker
Parlare di Alice Walker significa parlare sempre, indubbiamente e giustamente, anche di Il colore viola. Pubblicato per la prima volta nel 1982 – poi due anni dopo in italiano da Frassinelli e da qualche settimana nella nuova edizione siglata SUR – il romanzo è un caposaldo della letteratura considerata civile. Senza mai rinunciare alla sua prosa eminentemente letteraria, Walker racconta i drammi degli abusi di genere, del razzismo e della miseria usando il potere delle storie per veicolare i suoi ideali granitici. Non si ricorda mai abbastanza, infatti, quanto la scrittrice americana si sia impegnata, anche oltre il confine della pagina, per il riconoscimento dei diritti civili delle donne, delle persone omosessuali e per quelle nere. Incontra Martin Luther King, partecipa alla marcia del 1963, torna al Sud, dove è nata, come attivista e battaglia, battaglia sempre, con le parole e con il suo corpo nelle piazze, con la militanza e con le lettere. Nel 2003, Alice Walker viene persino arrestata per le sue proteste antimilitariste e nel 2009 si reca a Gaza con le donne di Code Pink. In direzione ostinata e contraria.
5) Silvia Federici
Tra le voci più importanti del femminismo contemporaneo internazionale, quella di Silvia Federici è la più affilata. Nata a Parma nel 1942 e oggi residente in America, a New York dove insegna, Federici struttura il suo pensiero intorno al femminismo di stampo marxista, osservando con slancio i punti di intersezione tra le marginalizzazioni scioviniste e quelle di classe. Non esiste femminismo – è bene ribadirlo – senza lotta di classe. Non esiste liberazione senza il risveglio anticapitalista. Fervente dissidente delle meccaniche capitaliste, l’intellettuale analizza i temi della politica salariale e del lavoro da una prospettiva transfemminista. Così, sotto il torchio della sua parola nodosa, emergono tutte le storture di un sistema che vuole falcidiare gli ultimi e, in più, metterli gli uni contro gli altri. Il suo testo più importante, Calibano e la strega, torna indietro di secoli per intercettare nella nostra Storia il punto sorgente del capitalismo.
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