È iniziato il cosiddetto Movember. Potreste già esservi imbattuti in questa parola online. Su Instagram l’hashtag #movember connette oltre 2MLN di post. Il concetto nasce etimologicamente dalla fusione delle due parole “november” e “moustache” e rimanda al quel mese dell’anno (novembre appunto) in cui gli uomini scelgono consapevolmente di far crescere baffi e barba per una buona causa: raccogliere fondi e sensibilizzare su alcune patologie che colpiscono le persone di sesso maschile, come il cancro alla prostata e ai testicoli. L’iniziativa è nata nel 2003, ideata da quattro amici di Melbourne, in Australia, ma negli anni è diventata sempre più popolare trovando testimonial famosi e sponsorizzazioni di importanti marchi che si occupano di prodotti o cose per uomini. Il sito ufficiale del Movember spiega praticamente tutto quello che c’è da sapere e raccoglie in maniera ordinata tutte le donazioni raccolte per nazione (ma anche quelle individuali).
Oltre che suggerire un check-up annuale, la fondazione Movember incoraggia gli uomini a indagare possibili storie familiari relative al cancro e ad adottare uno stile di vita più salutare. Al motto di “change the face of men’s health”, letteralmente “cambiare la faccia della salute degli uomini”.
In questo mese di novembre che vede i baffi protagonisti, abbiamo deciso di ripercorrerne l’evoluzione dai primi anni ’10 fino agli anni ’90 del secolo scorso. Vediamo tecniche e consigli di realizzazione dei sette baffi più iconici del passato.
Anni ’10, baffi a manubrio
Spiccano nelle foto in bianco e nero dei primi del ‘900: sono gli inconfondibili baffoni a manubrio, così detti, appunto, per la forma che ricorda l’impugnatura dei mezzi a due ruote. Sono l’ideale per quegli uomini che presentano un viso a forma di diamante, cioè tondo ma con un mento sottile e poco squadrato. «Per la realizzazione, oltre alla pazienza di almeno un mese per la crescita del baffo stesso, si lavora a colpi esclusivamente di forbice lasciando la tecnica della rasatura elettrica alla barba circostante» ci spiega Francesco D’Attis, Men’s Hair Stylist di Belloveso. «Una volta creata la forma dai professionisti del barbering, è importante riservare al baffo una routine di bellezza quotidiana in cui alternare i tre passaggi fondamentali di detersione, idratazione e styling. I baffi vanno infatti puliti con uno shampoo specifico per peli ispidi e spessi, poi idratati con olii emollienti per evitare che la pelle sottostante si irriti o diventi eccessivamente secca e infine messi in ordine con spazzola e cera per creare il tipico movimento all’insù».
Anni ’20-’30, baffi a fiammifero
Resi celebri dal grande schermo, i baffi a fiammifero de Il Padrino si distinguono per una forma molto sottile e ben definita che oggi trova spazio sul volto di pochi estimatori dello stile retrò. Queste due linee molto fini non richiedono un’elevata attenzione nella fase della pulizia e di applicazione della cera, bensì nello shaving intorno alle labbra e ai due “fiammiferi”, la cui forma deve essere ripresa tutte le mattine con una cura certosina alle proporzioni.
Anni ’40-’50, baffi alla tricheco
Nelle due decadi centrali dello scorso secolo sono stati i baffoni a dettare la moda. Per mantenere lo stile alla tricheco la chiave del successo sta tutta nella sapiente capacità di calibrare le lunghezze tra baffo e barba, nonché nell’idratazione della pelle che sotto tutto quel pelo deve pur sempre respirare.
Anni ’60, baffi alla Dalí
Con lunghezze ipnotiche che sfidano la gravità, i baffi-antenna portati da Salvador Dalí lo hanno reso il pittore più eccentrico e famoso dell’epoca surrealista. Si tratta di un vero e proprio gioco di stile adatto a chi è disposto a intraprendere un processo di crescita dei peli che va dai sei ai sette mesi. Sin dall’inizio è importante abituare il baffo alla direzione all’insù delle punte, applicando ogni mattina una cera solida dal fissaggio molto forte e ritoccando le lunghezze ogni massimo due settimane.
Anni ’70, baffi a ferro di cavallo
I baffi a ferro di cavallo o “biker moustache” ci catapultano nella San Francisco degli anni ’70. La forma è quella di una “U” rovesciata e si ottiene rasando accuratamente le guance e la zona centrale del mento, incorniciata da due strisce verticali di peli parallele che s’incontrano centralmente sopra il labbro superiore. Una volta definiti i profili, la lunghezza e i volumi dei baffi, il rituale di mantenimento del mustacchio più porno di sempre consiste in un semplice shaving quotidiano e totale nelle zone che devono rimanere glabre intorno alla “U”.
Anni ’80, baffi alla Chevron
Li hanno resi iconici star come Tom Selleck e Freddy Mercury, eppure a distanza di quarant’anni i baffi alla Chevron non perdono il loro sex appeal. Sono la soluzione ideale per tutti quegli uomini che amano il baffo lungo senza troppi interventi in styling. È un modello che asseconda la crescita naturale dei peli che possono infatti cadere sul labbro superiore in modo selvaggio, senza però apparire disordinati.
Anni ’90 primi 2000, baffi da pirata
Col passare degli anni, la tendenza a minimizzare gli sforzi e la definizione della forma dei baffi si conferma con lo stile da corsaro sfoggiato da Johnny Depp in Pirati dei Caraibi: una peluria non troppo folta che ricorda quella degli adolescenti alle prime armi con il rasoio. È una tendenza che non necessita di troppe attenzioni, se non una pulizia accurata con uno shampoo specifico ogni due giorni e l’applicazione di un balsamo idratante sulle estremità delle lunghezze.
In apertura un gruppo di uomini sfoggia i baffi sviluppati nell’ambito della campagna Movember. Tomasz Grabowiecki Photography.
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