Porno Etico: “se non posso godere, non è la mia rivoluzione!”

Post-porno, porno etico, porno queer, transfemminista... sono diversi i nomi scelti per indicare l'attuale rivoluzione nel mondo del porno. Abbiamo intervistato Teresa Sala, attivista e distributrice nel settore del porno etico.

Porno Etico: "se non posso godere, non è la mia rivoluzione!" - Uniporntv - Gay.it
5 min. di lettura

Tra denunce, petizioni ed enormi risarcimenti, il mercato del porno, negli ultimi anni, ha visto minata la sua egemonia e la cultura (dicesi mainstream) di cui era intriso; ovviamente eteronormata, ovviamente abilista, ovviamente machista e violenta.

Ed è proprio per combattere questa violenza – che si presenta sia in maniera esplicita, con immagini, copioni e scene non proprio rispettose verso chi non sia maschio, bianco e abile; sia latente, forse il lato più amaro del settore, con abusi nel dietro-le-quinte, attori (molto spesso attrici) mal pagati, diffusione di immagini senza alcun consenso e utilizzo di materiale pedopornografico – che sono nati collettivi e piattaforme web per affrontare la sfera del piacere e dell’erotismo in modo etico.

Post-porno, porno etico, porno queer, transfemminista… sono diversi i nomi scelti per indicare l’attuale rivoluzione nel mondo della rappresentazione erotica e del piacere. Circa vent’anni fa, in ambito anglosassone, prende vita questo cambio di rotta. Nel giro di pochi anni si diffonderà in buona parte del mercato globale.

porno etico
“Jawbreaker”

Il collettivo Rosario Gallardo è attivo da più di vent’anni nel post-porno italiano, il loro è porno «etico e a km zero. Casereccio!».

«La nostra missione è portare le fantasie più erotiche e perverse dalla nostra camera da letto fino ai vostri schermi!».

Molto spesso, le piattaforme di Porno Etico sono legate a un’intensa attività politica, di diffusione di idee e di militanza, che sia transfemminista, queer o per corpi non conformi. Non è possibile scindere la rivoluzione del desiderio, del piacere e dell’erotismo da una rivoluzione più ampia e intersezionale.

Lo sanno bene anche le persone che hanno dato vita a Uniporn TV, la prima piattaforma italiana di porno etico. Ne abbiamo parlato con Teresa Sala, attivista e parte del progetto UnipornTV, che oltre a fare distribuzione ha un blog correlato per diffondere tematiche politiche e sociali legate alla produzione di pornografia contemporanea. Il motto della piattaforma è

«se non posso godere, non è la mia rivoluzione!».

Abbiamo intervistato Sala per capire le dinamiche e le difficoltà dietro un progetto etico nel mondo del porno.

Uniporntv
“Sugo”

Domanda secca e forse banale, ma cos’è per voi il porno etico?

Il porno etico guarda principalmente all’aspetto produttivo e lavorativo. È nato in un contesto anglosassone per sottolineare come ci fossero una serie di problemi nell’industria del porno. C’è un ambiente malsano di lavoro, dove principalmente le performer subiscono una serie di maltrattamenti e non ultimi una grande differenza salariale rispetto ai loro colleghi maschi. C’è anche tutto il tema della protezione dalle malattie e garantire sicurezza sul luogo di lavoro. Constatato ciò, da decenni ci sono attivit* interne ed esterne all’industria che si battono per un porno più sano ed equilibrato.

Per noi, l’importante è promuovere un prodotto appunto “etico”.  Sulla nostra piattaforma è possibile che ci siano progetti che non prevedono budget ma in quel caso c’è la massima consapevolezza da parte de* performer e della produzione che il prodotto si sta realizzando in una forma di militanza. Sanno di star partecipando a un progetto politico. L’importante è la chiarezza.

Per quanto riguarda la dicitura “porno etico”, lo abbiamo scelto nella consapevolezza che questo termine apre ad un dibattito: potremmo chiamarlo porno alternativo al mainstream – poi bisogna chiedersi cos’è il mainstream .. – Diremmo queer, transfemminista, post-porno… tutto quel porno che prova a cambiare o ampliare gli immaginari su corpi, pratiche, desideri, fantasie e anche rimettere in discussione la finalità del porno, andando oltre l’eccitazione e la masturbazione o anche il racconto del desiderio. Quindi tramite quel linguaggio esplicito veicolare qualcosa di più politico ed etico.

Come è nato il vostro progetto?

Nasce da un incrocio tra idee e trascorsi lavorativi. Tra di noi, c’è chi viene da un ambiente di produzione e distribuzione di film (soprattutto documentari in ambito sociale) e c’è chi ha un background di attivismo, principalmente transfemminista.

Ci siamo detti “proviamo a sviluppare qualcosa che manca nel contesto italiano”, dando visibilità e facendo una sorta di connessione tra immaginari e tematiche di varia natura. Stiamo anche strutturando un blog per fare da cassa di risonanza tra i vari temi che a noi stanno molto a cuore, quindi realizzare un progetto di militanza. Nel mentre, noi stiamo iniziando a partecipare a eventi e festival per parlare della nostra ‘filosofia’.

Quali sono gli stereotipi e la violenza che continua a perpetuare il mondo del porno mainstream?

Noi non siamo abolizionisti del porno, noi non ci contrapponiamo al “porno mainstream” anche perché sicuramente alcuni dei titoli che abbiamo in catalogo hanno delle caratteristiche mainstream. Quel che è importante è dare visibilità ai corpi non conformi o non considerati. Perché il problema della rappresentazione è questo, se una cosa non è rappresentata, non esiste. Parlando da un punto di vista personale, il BDSM è stato una scoperta per me, avevo l’immaginario perpetuato da film o iconografia mainstream di qualcosa di perverso e senza cura o complicità… invece vedendo film BDSM ho scoperto che è tutt’altro, che ha a vedere con tutta una liberazione del desiderio e dell’immaginario e ha tantissimo ha che fare con la cura e la guarigione.

Penso a un film molto interessante come “36 years old virgin” di Skyler Braeden Fox che fa molto riflettere sul sesso etero e la sua egemonia nelle pratiche sessuali. Lui ha 36 anni, non ha mai fatto sesso penetativo quindi per la società è vergine… io da donna lesbica, per anni ho dato per scontato che la mia prima volta fosse relativa a una penetrazione mentre tutto quello che ho fatto prima andava perso.. ma non è così. Il sesso è molto di più di una penetrazione.

Il vostro è un progetto davvero inclusivo. Spesso si nota quando l’inclusione è ipocrita, strizzando l’occhio puramente alle dinamiche di mercato. Voi come lavorate con lo scouting (la ricerca dei film da mettere in catalogo)?

Abbiamo cercato da subito nella realtà italiana. Un po’ erano già conoscenze che avevamo. Da quel punto di vista c’è molto autoproduzione, come ti dicevo ci sono molte persone che non possono comparire per situazioni lavorative o familiari particolari… ma nel tempo abbiamo creato comunque dei contatti solidi a cui affidarci e una rete variegata di persone.

È fondamentale la ricerca di diversi corpi, di pratiche e visioni. Dall’altra ci siamo poste la domanda “scegliamo cose che noi troviamo eccitanti o che ampliano lo sguardo?”, dato che comunque il desiderio è molto soggettivo.

Dall’Italia arriva poco ed è poco reperibile. Molto interessante, invece, è la scena sudamericana. Un polo molto importante è quello degli Stati Uniti; mentre in Europa è fondamentale la scena Berlinese.

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“Liquid Beast”

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