Gloria! è la storia di un doppio debutto: quello di Margherita Vicario, cantautrice e attrice romana, al suo esordio dietro la cinepresa con il suo primo film, presentato alla 74ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino. E quella di cinque musiciste, che sfidando preti viscidi e polverosi palchi dell’Ancien Régime, portano la musica pop nella Venezia del 1800 al cospetto del Papa Pio VII.
Come le sue protagoniste, Vicario studia le regole per mandarle all’aria, e fare come le pare: la sua è una fiaba sovversiva che unisce verità e finzione, ma soprattutto dà un palco a tutte quelle donne che all’alba della Rivoluzione Francese non potevano esibirsi. “Nostre cugine di quattro secoli fa” come le chiama lei, che suonavano per la gloria del Nostro Signore o nei salotto dei nobili, ma mai davanti un pubblico o tantomeno per mestiere. “Sicuramente molte di loro avevano delle capacità compositive che non sono mai passate alla storia, non si potevano esprimere” dice la regista al Corriere della Sera “E quindi lo prendo come pretesto per parlare di queste ragazze che fanno una specie di ribellione. Hanno voglia di esprimersi”.
È un film che reclama ascolto sin dal titolo – non solo dal Dal Gloria di Vivaldi ma anche in una parola che significa etimologicamente “farsi ascoltare” – e nella sua struttura ‘anomala’ fatta di pochi dialoghi e tanti suoni, melodie, ritmi che uniscono i proprio personaggi in un concerto corale.
Un team composto da Teresa (Galatea Bellugi) – ragazza muta, ridotta a sguattera ma dal grande talento musicale – insieme a Lucia, Bettina, Marietta e Prudenza, rispettivamente interpretate da Carlotta Gamba, Maria Vittoria Dallasta, Sara Mafodda, e Veronica Lucchesi di La Rappresentante di Lista. Cinque attrici che si sono destreggiate a replicare il ruolo di “eccellenti musiciste“, tra coach di violino e violincello e vere orchestre barocche. Una storia che parla della creatività femminile, finalmente non più delegata a quella ‘creatività biologica’, che immagina le donne solo come madri e genitrici. Ma al contrario, utilizza la fantasia e l’orecchio musicale per dare voce all’espressione più profonda di sé.
Anche Lucchesi stessa dichiara di aver ritrovato attraverso il film il piacere di essere ascoltata: “Ero molto delusa da una narrazione musicale in cui non si preve un’altra possibilità, alcuni colleghi che propongono uno storytelling sempre uguale, penso per esempio nei videoclip. Come se non ci fosse mai evoluzione, ma la tendenza a ripetere sempre gli stessi schemi, ma la musica va fatta evolvere, bisogna aprire strade diverse. Mi sentivo una bella statuina, anche se le scelte le ho fatte sempre io, piantata a terra in un sistema veloce in cui ci sei oppure scompari in un attimo. Non riconoscevo più l’urgenza che mi muoveva prima” spiega a Coming Soon. Ma la sceneggiatura di Gloria! è stata per la cantante l’apertura di un nuovo mondo, una “luce potentissima e travolgente” che le ha permesso di riconoscere quell’urgenza che aveva perso.
Per Vicario, invece, è l’unione di due anime: quella musicale che l’ha accompagnata fino ad oggi – con gli album Minimal Musical (2014) e Bingo (2021), oltre agli ep Esercizi preparatori e Showtime uscito quest’anno, e quella cinematografica che risale alle sue radici (sua nonna era l’attrice Rossana Podestà, mentre suo nonno e suo padre, Marco e Francesco, entrambi registi).
In arrivo nelle sale italiane il prossimo 11 Aprile per 01 Distribution, dopo la sua anteprima a Berlino Gloria! è stato venduto in vari paesi tra cui Francia, Germania, Austria, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Bulgaria, Corea e Grecia. Nonostante si mormora di qualche primo ‘boo’ in sala, le recensioni parlano di “un manifesto femminile che parla la lingua contemporanea in uno specchio lontano duecento anni” (Damiano Panattoni su Movie Player) e “un film che ha un cuore grande così e da un certo momento ti trascina dentro, a ballare e a cantare” (Simone Emiliani su Sentieri Selvaggi).
Dopo il successo stratosferico di Paola Cortellesi con C’è ancora domani, Vicario sembra un’altra nuova promessa per il cinema italiano: l’arrivo di storie che sottraendosi ai dogmi della narrazione tradizionale (o quella a cui il nostro cinema mainstream ci ha pigramente abituato) parlano al pubblico di oggi, dando (letteralmente) voce alle donne di ieri. Un atto di rivalsa per quei “fiori lasciati seccare, rimasti nascosti tra le pagine della Storia“.
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