Comincia la serie di testimonianze a favore e contro don Luciano Michelotti, il sacerdote torinese accusato di detenere alcune immagine pedo-pornografiche su 19 floppy disk, sequestrati nella sua canonica. Il vescovo Luciano Pacomio ha deposto come testimone della difesa, sostenendo di essere informato che «don Luciano collaborava con il Gruppo Abele di Torino per la pastorale degli omosessuali, mi informò con uno scritto una settimana dopo il mio arrivo a Mondovì, nel febbraio ’97». Alla domanda se fosse al corrente che il prete si occupasse anche di pedofilia, il vescovo ha risposto che don Luciano «non aveva alcuna dispensa particolare, come accade ad esempio per l’esorcista, per trattare questo tema».
«Sentivo don Luciano in modo diretto e sovente, perché in quel periodo stavamo studiando di unire le due parrochie vicesi – ha proseguito il vescovo -. Prima del suo arresto non ho mai avuto lamentele da parte delle famiglie. Dopo l’episodio vennero da me dei genitori: alcuni per commentare le notizie di cronaca e per essere confortati, altri per riferire fatti».
Hanno deposto anche alcuni tecnici che hanno offerto i loro servizi all’ex-parroco per risolvere alcuni suoi problemi con il computer: nessuno di loro, tuttavia, ha dichiarato di aver avuto la possibilità di accederre a file sopsetti.
A difesa del sacerdote, è stata inviata ai giornali una lettera di solidarietà firmata da 144 persone, che sono state sentite dal sostituto Procuratore come eprsone informate sui fatti.
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