Una brutta storia che ha trovato il suo lieto fine, quella che un profugo gay nigeriano ha portato davanti alla corte di Cassazione.
Il migrante si era rivolto alla Cassazione dopo che la sua domanda di asilo in Italia era stata respinta prima dal Viminale e poi dalla corte d’Appello di Ancona, che non aveva ritenuto l’omosessualità una condizione aggiuntiva di rischio rispetto al generale clima di insicurezza della Nigeria. Solo lo scorso luglio 40 persone sospettate di omosessualità sono state arrestate a Lagos.
Per sfuggire alla povertà l’uomo era dedito alla prostituzione maschile ed è dovuto fuggire dal paese africano dopo che la sua casa è stata bruciata e i suoi famigliari uccisi come rappresaglia di un cliente che si era sentito male durante un incontro.
Secondo i magistrati del Palazzaccio, i giudici marchigiani non avrebbero valutato “la sostanziale coerenza e plausibilità del racconto oltre al fatto che l’omosessualità è considerata reato in Nigeria, ciò costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di pericolo, tale da giustificare la concessione della protezione internazionale”.