Giovedì scorso, in provincia di Trento, le forze dell’ordine hanno trovato un ragazzo marocchino senza vita, morto presumibilmente a causa di un’overdose di una sostanza che non è stata ancora identificata. Il ragazzo, ospitato da un’associazione che si occupa di accoglienza nella Vallagarina, aveva meno di trent’anni ed era un migrante LGBTI che aveva fatto domanda di asilo in Italia come persona omosessuale perseguitata nel proprio paese. La richiesta era stata respinta pochi giorni prima di quello che appare come un sospetto suicidio.
Gi operatori e i volontari della struttura infatti si sono detti stupiti, perché il ragazzo non aveva mai parlato della sua eventuale dipendenza “Non aveva una storia di dipendenza da sostanze, non si era mai fatto, non che noi sapessimo” hanno dichiarato al giornale locale Il Quotidiano. Dall’associazione riportano di un ragazzo che si dava da fare, volenteroso di intraprendere la sua vita in Italia. E spaventato all’idea di tornare nel suo paese, il Marocco. Una paura fortissima, a quanto riportano gli operatori sociali.
Marocco e comunità LGBTIAQ+
In Marocco, secondo l’articolo 489 del codice penale “atti osceni contro natura con un individuo dello stesso sesso” sono considerati reato e punibili con pene detentive da 6 mesi a 3 anni, e sanzionati con multe pecuniarie. Il codice riflette il forte stigma verso l’omosessualità e verso la comunità LGBTIAQ+ tutta, che vive una condizione di discriminazione sociale e culturale. Molte persone queer sono costrette a nascondere la propria identità per timore di discriminazioni e aggressioni verbali e fisiche.
Si veda il documentario Rai “Non è un paese per gay“.
Sebbene le autorità di polizia e giudiziarie non applichino la legge anti-LGBTI+ e dunque non perseguano pratica le persone, l’omosessualità resta un tabù sociale e le persone queer possono affrontare ostracismi e allontanamenti da parte della famiglia, della comunità e della società.
Il giovane aveva fatto richiesta di asilo all’autorità territoriale in base alla propria dichiarata omosessualità, ma la richiesta era stata respinta. Pochi giorni dopo il giovane è morto di overdose e – secondo quanto sospettano apertamente le persone dell’associazione che lo conoscevano – il ragazzo potrebbe aver commesso un gesto intenzionale, togliendosi la vita.
La storia del giovane riflette la situazione di moltə altrə richiedenti asilo per la propria identità LGBTIAQ+, costrettə a fuggire dalla persecuzione o a cercare libertà altrove. Il ragazzo negli ultimi giorni era molto angosciato. Gli sforzi per integrarsi in Italia, le magagne burocratiche e infine il respingimento alla sua richiesta d’asilo avrebbero – secondo quanto ricostruito dagli assistenti sociali – scatenato in lui la tremenda paura di dover tornare in Marocco. Una paura che sarebbe stata decisiva nel maturare la scelta del gesto estremo del suicidio mediante sostanze.
“Proprio mentre lui stava vivendo le sue ultime ore, stavamo parlando di lui in una riunione con l’Unhcr (Onu per i rifugiati, ndr) – ha spiegato un operatore a Donatello Baldo de Il Quotidiano di Trento – parlavamo di come queste situazioni di attesa, di limbo in cui sono obbligati molti richiedenti asilo, possa provocare sofferenze psicofisiche molto gravi. E lui non ha retto. In ogni caso non ha retto la paura di dover tornare indietro, in un Paese che non lo avrebbe mai riaccolto per davvero, dove l’omosessualità è reato“.
Circa un anno fa la destra di Meloni ha avviato un progetto di legge per eliminare identità di genere ed orientamento sessuale dalle motivazioni con cui una persona LGBTI perseguitata nel paese di origine possa ottenere protezione speciale in Italia. Orientamento sessuale e identità di genere resterebbero a quel punto soltanto nel caso di asilo politico.
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