Un ragazzo marocchino gay si sarebbe suicidato a seguito del respingimento deciso dallo Stato Italiano. Non sopportava l’idea di dover tornare in Marocco, dove la legge e la società lo perseguitano. La storia arriva dal Trentino Alto Adige e per motivi di privacy non forniremo altri dettagli (per fortuna c’è un quotidiano locale che sta meritoriamente raccontando la scomoda vicenda e con i giornalisti di quel giornale abbiamo parlato).
Alex, lo chiameremo così, era felice di essere finalmente in Europa e in Italia. Si stava integrando, aveva un lavoro, stava imparando la lingua. Aveva chiesto la protezione speciale e quindi il permesso di restare nel nostro paese, perché marocchino e gay.
In Marocco, secondo l’articolo 489 del codice penale “atti osceni contro natura con un individuo dello stesso sesso” sono considerati reato e punibili con pene detentive da 6 mesi a 3 anni, e sanzionati con multe pecuniarie. Il codice riflette il forte stigma verso l’omosessualità e verso la comunità LGBTIAQ+ tutta, che vive una condizione di discriminazione sociale e culturale.
Sebbene in Marocco le forze di polizia e gli organi giudiziari non applichino la legge anti-LGBTI+, l’esistenza stessa di quella legge contribuisce al mantenimento dello stigma: le persone LGBTI non sono ben viste dalla società e molte sono costrette a nascondere la propria identità per timore di discriminazioni e aggressioni verbali e fisiche. Anche sul lavoro. Anche e soprattutto in famiglia.
Le indagini sulla morte di Alex avevano all’inizio classificato il tragico evento come semplice overdose. Poi la pm ha voluto indagare meglio. Ha ascoltato gli operatori del centro di accoglienza che ospitava Alex. I quali hanno parlato di una persona piena di vita ed entusiasta della sua nuova possibilità di essere sé stesso in Europa. Alex aveva parlato con gli operatori della propria omosessualità, chiedendo loro di non dirlo ai suoi coinquilini.
La commissione territoriale che doveva decidere sulla sua richiesta di asilo, al momento dell’esame della domanda di protezione speciale, aveva chiesto ad Alex se fosse sicuro di essere gay. Alex aveva risposto di sì. Ma la commissione territoriale non gli ha creduto. Ha respinto la sua richiesta. Alex sarebbe stato rispedito in Marocco. Pochi giorni dopo il respingimento da parte dell’Italia, Alex è morto per overdose.
La pm ha ora aperto un’inchiesta e richiesto l’autopsia, per stabilire come l’overdose abbia causato la morte del ragazzo e “se vi siano piste d’indagine da perseguire anche nei confronti di chi potrebbe aver venduto o consegnato la droga al richiedente asilo“. Le indagini dovranno necessariamente andare fino in fondo per capire se, come pare probabile, Alex si sia suicidato dopo il respingimento e dunque si tratti di una overdose cercata intenzionalmente.
La Procura dovrà indagare anche sulle paure che il ragazzo aveva di tornare in Marocco a causa della propria condizione di perseguitato in quanto gay. Alex infatti negli ultimi giorni prima della sua morte continuava a dirsi afflitto e spaventato alla sola idea di dover tornare in Marocco. Ne parlava con gli operatori sociali, che hanno spiegato tutto agli inquirenti. Quanto la commissione di vigilanza è responsabile della morte di Alex? Per la procura si tratta di un’inchiesta delicata.
In Italia circa un anno fa la maggioranza attualmente al governo ha avviato un progetto di legge per eliminare identità di genere ed orientamento sessuale dalle motivazioni con cui una persona LGBTI perseguitata nel paese di origine possa ottenere protezione speciale nel nostro paese. Sebbene non sia stata ancora approvata come legge, alcune commissioni territoriali che decidono sulla vita dei migranti hanno già recepito lo spirito di non accoglienza che anima l’estrema destra italiana.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.