Che classe, che charme. L’atteso ospite d’onore della 25esima edizione del festival glbt "Da Sodoma a Hollywood", una radiosa Claudia Cardinale, è stata accolta da un’ovazione della platea che colmava emozionata la sala grande del cinema Ideal Cityplex, pronta a celebrare non solo le nozze d’argento del Togay ma anche il suo compleanno (“Non lo festeggio mai”) con fiori, torta e candelina d’ordinanza. La sublime attrice nata a Tunisi, di passaporto italiano e origini palermitane ma residente a Parigi si è concessa con disponibilità a un incontro stampa al mattino e a un mini talk-show durante la cerimonia inaugurale col direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera, il direttore del festival Giovanni Minerba e il programmatore Fabio Bo.
Sono brividi a fior di pelle quando racconta alcuni gustosi aneddoti della sua vita inestricabile dalla meravigliosa carriera, più di 120 film: “Rock Hudson era il mio migliore amico, facevo finta di essere la sua fidanzata. In America in quel periodo non si poteva dire di essere gay, era ‘poison’ (‘veleno’, n.d.r.), significava non lavorare. Ma io sono una pazza scatenata. Una volta, mentre giravamo, sono scesa in un fiume dove ho aperto la bocca a un coccodrillo e lui per poco non sveniva. Rock veniva a mangiare da me nella villa dove stavo io, prestatami da Paul Newman. Nel film con Rita Hayworth e John Wayne ("Il circo e la sua grande avventura" di Henry Hathaway, n.d.r.) sono anche entrata in una gabbia di leoni e non mi hanno attaccato”.
Ha tanti amici omosessuali e dai gay è così adorata che durante il Pride a Parigi quando il corteo passa sotto casa sua, sulla Senna, si ferma per salutarla: “È assurdo questo tabù che non esiste. Paragonare omosessualità a pedofilia, poi, è ridicolo. Io sono per la libertà! Sono cattolica, comunque, e andrò a visitare la Sindone. Ma amo entrare nelle Chiese quando sono vuote. Con Dio parlo da sola”. È evasiva solo sul matrimonio gay: “Non è così importante. Io non mi sono mai sposata. Sono favorevole però all’adozione concessa agli omosessuali”.
Alla cerimonia di apertura del Festival Glbt, condotta da una conviviale Ramona Dell’Abate, le è stata anche assegnata una targa istituzionale da parte dell’assessore comunale alla cultura Fiorenzo Alfieri.
A dare il via alle cinedanze è stato "Le fil" ("Il filo"), opera prima del tunisino Mehdi Ben Attia, una piccola, intimista commedia drammatica di difficile realizzazione, una coproduzione franco/belga/tunisina che senza la partecipazione della Cardinale non avrebbe visto la luce: “Tre giorni prima dell’inizio della riprese non avevamo l’autorizzazione a girare: con l’arrivo di Claudia in Tunisia le cose si sono sbloccate” ha spiegato il regista.
“Ma sul set non c’era neanche un giornalista. Il tema dell’omosessualità nel cinema arabo è sempre trattato come un problema. Volevo ‘sdrammatizzare’, far capire che l’omosessualità è un fatto universale. Ma nei paesi arabi è vietata dalle leggi, dalla società e dalla religione”. "Le fil" uscirà in Francia il 12 maggio ma probabilmente mai in patria (“Dovrebbe passare dalla commissione censura che imporrebbe dei tagli che non accetterei” ha chiarito Mehdi Ben Attia) e forse nemmeno in Italia.
La Cardinale interpreta il ruolo di Sara, la mamma del giovane Malik, un architetto neolaureato che torna nella casa in Tunisia dopo aver studiato a Parigi.
Una vedova alto borghese occidentale che ai tempi aveva suscitato scandalo sposando un arabo deceduto poi per un tumore. Col figlio ha un rapporto piuttosto conflittuale, che sembra appianarsi quando le annuncia di voler sposare una ragazza (lo fa solo per garantire la paternità al figlio di una lesbica a cui donerebbe il seme) ma si acuisce quando lo scopre a letto col ‘pied noir’ Bilal, il ragazzo tuttofare della magione. Sara imparerà a comprendere l’importanza di accettare i sentimenti del figlio. Il titolo si riferisce a un elemento surreale della narrazione, ossia il filo che Malik immagina gli si avvolga intorno nelle situazioni di disagio.
Delicato, scritto in punta di penna e diretto con cautela fin eccessiva, è più interessante per il contesto piuttosto lussureggiante che per l’approfondimento psicologico dei personaggi. Le differenze sociali dei protagonisti restano poi fuori campo (a parte il prestito di un paio di scarpe per entrare in una discoteca) per privilegiare invece il loro rapporto sentimentale vissuto come in una sorta di ‘bolla protettiva’ esente da qualsiasi condizionamento, eludendo quindi qualsiasi lettura ‘politica’ della questione omosessualità nella società araba. Unica nota di originalità, una scena carnale gay rappresentata con i disegni a carboncino realizzati da Malik per le sue ‘mémoires’. Ma la Cardinale, che mostra senza alcuna reticenza i segni dell’età e recita con passionalità e fervore, rende il film meritevole di essere visto.
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