Un esordio fulminante per Leonardo Gliatta. L’autore, nato a Foggia ma milanese per adozione (e lavoro), scrive un romanzo forte, vibrante e smaccatamente LGBT, in bilico tra religiosità, misticismo e racconto di formazione. Questa è la miscela vincente de La fabbrica del Santo, testo edito da Ianeri Edizioni, disponibile sia in digitale che in formato cartaceo, permette al lettore di esplorare sulla propria pelle la storia di una Puglia a noi lontana degli anni ’90, logorata e inondata di tradizioni ma in cerca del proprio riscatto.
Scritto in prima persona e con un tratto semplice ma di grande impatto, La fabbrica del Santo racconta la storia di Tore, di Valentino e di una lunga serie di personaggi che entrano nella vita dei due giovani, mappando un percorso che copre quasi venti anni, focalizzando l’attenzione sull’adolescenza dei protagonisti ma anche sul periodo della maturità. Fin dal primo capitolo si intuisce la grande potenza di una storia costruita come un vero puzzle. Pagina dopo pagina si delinea, infatti, un contesto sociale in continuo movimento, in cui niente è ciò che sembra.
Un romanzo carico di suggestioni e di vivide emozioni
Mentre Tore e Valentino cominciano il loro percorso di crescita, quella religiosità così vorace che si respira in Puglia, diventa parte integrante della narrazione. I due giovani, inconsapevolmente, diventano spettatori attivi della costruzione della cattedrale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo (che di lì a breve diventerà beato), facendo emergere il ritratto di una società che guarda al futuro e al becero guadagno, senza dimenticare di rivolge uno sguardo al mondo di santi e predicatori che vuole celebrare a tutti i costi la grandezza di un uomo che ha lasciato un’impronta nell’immaginario di tutti, come se fosse una vera figura mistica.
I due lati di questa storia così ambivalente sono vissuti da Tore, ragazzo pacato e di famiglia modesta che cerca di trovare il suo posto nel mondo, e da Valentino, giovane viziato e figlio di un noto avvocato che vive la sua vita passando da una relazione all’altra. In un lungo arco di tempo, Tore e Valentino condividono le gioie febbrili dell’adolescenza, e in questo contesto così mutevole, si perdono, si cercano e si ritrovano per legarsi poi indissolubilmente grazie alla figura di Marida.
Donna volubile che gioca con il cuore di entrambi, si avvicina a Tore per via della sua pacatezza, ed è sedotta da Valentino a causa della sua irruenza da rampollo dissipato. La figura di Marida fa emergere tutte le contraddizioni del rapporto dei due baldi giovani: non una semplice amicizia ma un rapporto unico nel sue genere. Entrambi, nonostante le visioni diametralmente opposte non possono fare a meno l’uno dell’altro.
La ricerca di un’identità, i sogni, gli amori e quella religiosità tossica sono i punti di forza del romanzo. Un testo di rara bellezza che, con garbo ma con un linguaggio assai schietto, mette in scena il più classico dei triangoli amorosi, senza lesinare in una critica alle istituzioni religiose che predicano il bene solo per inseguire il mero guadagno. Il romanzo di Leonardo Gliatta è da leggere tutto d’un fiato, per immersi in un’atmosfera calda e intrisa di tradizioni.
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