LA SCRITTRICE NEL SEX SHOP

Una passione per la pornografia che viene da lontano

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4 min. di lettura

Sono entrata per la prima volta in un sex shop a 17 anni. Ero ad Amsterdam, insieme ad una amica. Spostammo lentamente la tenda che fungeva da porta d’entrata e ci trovammo proiettate in un mondo strano, con il cuore che batteva a mille. All’epoca le donne non li frequentavano assolutamente. Infatti eravamo le uniche, persino in un paese avanzato e aperto come l’Olanda. Appena varcata la soglia, lo ricordo bene, il proprietario e tutti i clienti si voltarono verso di noi con un’ espressione di stupore misto a disapprovazione, e sentimmo i loro occhi appiccicati addosso per tutto il tempo che rimanemmo all’interno. Uno sguardo lascivo, come se la nostra presenza fosse il segno indiscutibile della nostra disponibilità sessuale, di una natura da avventuriere aperte a ogni proposta. Non ci lasciammo intimidire ma ci rimanemmo pochissimo. Facemmo un giro rapido fra gli scaffali, buttammo una occhiata furtiva alle videocassette con le copertine molto esplicite, e alle cabine, sistemate poco oltre, dove bastava infilare una moneta per vedere pochissimi minuti di un film pornografico a scelta. Sembravano le macchinette per fare le fototessere. Ricordo che questo mi fece ridere, visto che probabilmente, dietro quelle tendine di velluto rosso, c’erano uomini che si stavano masturbando.

Uscimmo convinte di avere fatto una cosa proibita sia per il luogo, tempio della pornografia e di tutti i vizi inconfessabili dell’uomo, sia per il fatto che eravamo due ragazze e avevamo infranto un tabù ancestrale, anche per le donne stesse. Certe femministe sono le più fiere avversarie di ogni forma di pornografia, anche se c’è una corrente che la pensa diversamente. Io, dopo quella prima volta, ci sono tornata ancora, quasi sempre all’estero. A Londra, a Parigi, a Marsiglia. In Italia, quando ero ragazza, non ne avevo mai visti, forse non esistevano o forse erano nascosti in qualche punto oscuro delle città, mentre nelle metropoli straniere ci sono da decenni interi quartieri dedicati al sesso, con sex shop, teatrini, saune ed enormi insegne colorate e luminose che invitano ad entrare e a provare… Ci sono tornata perché c’era qualcosa, in quel tempio pagano del desiderio e dei suoi feticci, che mi attirava irrimediabilmente. Ci vado ancora con piacere, quando capita.

Da allora, per fortuna, sono cambiate molte cose. Ne hanno aperti in diverse città italiane, e le donne, come racconta molto bene Roberta Tatafiore nel suo libro "Uomini Di Piacere", sono diventate consumatrici di pornografia e li frequentano senza problemi. Io penso che nella pornografia, intanto non sono utilizzati solo i corpi femminili, ma anche quelli maschili, e in certi casi criminali, anche quelli dei minori. Quindi la posizione di certe femministe è miope e ristretta. Credo che si debba distinguere. Per i minori si tratta di un traffico illegale e abbietto, ma se un adulto, uomo o donna, sceglie liberamente di dedicarsi alla pornografia, si gestisce da solo, non è succube di nessuno, forse vive meglio di un operaio in cassa integrazione, o di una donna che lavora fuori, torna a casa, e deve cucinare e lavare per un marito che magari la maltratta. Tutto dipende dalle situazioni e da come vengono vissute, niente dovrebbe essere demonizzato a priori. Non sono le cose a essere buone o cattive, ma è come vengono utilizzate che è importante. Certo l’uso della pornografia non dovrebbe diventare una mania, o sostituire i rapporti con le persone reali. La pornografia è la ciliegina sulla torta che può rendere più stuzzicanti le relazioni di coppia. Tutte. Dai matrimoni stanchi alle relazioni gay o lesbiche.

I sex shop sono grandi luna park, pieni di gadget curiosi. Sono luoghi enormi, allegri, dove si imparano aspetti dell’animo umano che la società tende a rimuovere, a cancellare. Ma esistono. I più moderni sono divisi per aree tematiche, e ne esistono alcuni esclusivi per una utenza omosessuale.

All’interno mi hanno sempre colpito i preservativi colorati, profumati e saporiti, e i vibratori, enormi e grossi o agili e sottili, una sfilata di potenza fallica e meccanica assolutamente inebriante. La versione più moderna di questi stupendi oggetti, è quella che è stata citata anche nel famoso serial Sex and the City. Un vibratore che oltre alla parte vibrante per la penetrazione vaginale, ha anche una piccola protuberanza piatta che stimola il clitoride. Una vera meraviglia della scienza che pare grarantisca orgasmi strepitosi. Gli altri vibratori, di plastica, gomma, bianchi o neri, sono fruibili da uomini e donne, da una utenza eterosessuale, gay o lesbica. Ci sono anche quelli doppi, che sono piuttosto buffi.

Mi sono sempre piaciuti anche gli anelli di gomma da mettere alla base del pene, che potenziano l’erezione (ve lo assicuro, li ho sperimentati con i miei partner, nelle dark room li indossano quasi tutti, e dicono anche che siano terapeutici per curare l’eiaculazione precoce. Ma questa è una scoperta recente, di qualche sessuologo da rotocalco).

Poi c’è la biancheria intima, per donne e uomini, assurda, esagerata, scintillante. In latex e pelle, con borchie e paillettes. Trasparente, sadomaso, vistosa. C’è perfino una stilista che si è vista in tivù, ed è specializzata in linee esclusive per alcuni sex shop milanesi e romani.

E infine le videocassette, un vero universo a parte. Nei negozi più forniti sono divise in settori, film porno etero, gay, bi (due uomini e una donna, non sapevo che esistessero, l’ ho imparato da poco, sono i miei preferiti, sublimi) e altri tipi per gusti molto particolari.

Un fenomeno degli ultimi anni è anche la consacrazione dei pornodivi e delle pornodive a star della comunicazione mediatica. Penso a Selen, a Cicciolina, a Rocco Siffredi che ha fatto una piccola parte, col suo "coso" ormai assurto a leggenda, per armonia e dimensioni, in un film impegnato di una regista francese, che mostra lo splendido attributo senza alcuna censura. E poi a Moana Pozzi, la più grande. Quella che per prima ha infranto i tabù legati a una professione così particolare, quella che è uscita dal sottobosco con la sua grazia e la sua intelligenza. Lei che, morendo giovane, come sempre succede, è diventata un mito a cui adesso dedicano special televisivi e commemorazioni.

di Francesca Mazzucato

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