‘Leonardo andrebbe al Pride?’: Stefano Giussani sulla (presunta) omosessualità di Leonardo Da Vinci – l’intervista

Conosciamo il Maestro per le sue opere, la sua intelligenza, il suo talento. Ma quando si parla della sua omosessualità, tutto si riduce a un frase nel libri di storia. Ecco la visione di Stefano Paolo Giussani nel suo nuovo libro.

leonardo da vinci gay
6 min. di lettura

Stefano Paolo Giussani pone ai suoi lettori una domanda: “Leonardo andrebbe al Pride?” Ma non è solo un quesito, bensì un saggio che si concentra non sulle opere di Leonardo da Vinci, ma sulla sua vita sentimentale. Si, perché sembra che il grande artista italiano fosse gay.

Nei libri dedicati, la sua (presunta) omosessualità viene solamente citata, come se fosse una dato da dimenticare. Ecco un punto di vista diverso, che guarda a Leonardo da Vinci da un’altra angolazione. Quella di Stefano Paolo Giussani.

Paolo Stefano Giussani ci racconta il “suo” Leonardo Da Vinci

Andiamo a scoprire un altro Leonardo, con le parole dell’autore.

Racconti che la presunta omosessualità di Leonardo viene solamente accennata nei libri di storia. Quanto fa paura oggi un Leonardo omosessuale? Da dove viene questo timore nel diverso, anche per un personaggio esistito 500 anni fa?

Non è ufficialmente accennata nei libri di storia dell’arte, ma spesso è aggiunta a corollario delle presentazioni di Leonardo, come se si volesse accontentare una pruderie su uno dei più grandi personaggi mai esistiti. Mi ricorda il classico “ho tanti amici gay, ma…”.

La sessualità di Leonardo intimoriva gli storici dell’arte della prima metà del Novecento nel senso che li imbarazzava. Si trovavano nelle condizioni di esaltare un artista riconosciuto come genio universale, ma c’era qualcosa che strideva con il pensiero di regime. In questo senso credo che Leonardo desse fastidio più che fare paura. Direi che rompeva le uova nel paniere a qualcuno che lo voleva celebrato, ma solo per la parte che interessava.  Facendo un nome e un cognome: Benito Mussolini. Volle una mostra a lui dedicata per esaltare l’italianità ma da lì a poco avrebbe firmato le leggi razziali e le sanzioni per i cosiddetti “pederasti”. Nell’indagine spiego quali documenti dimostrano che entrambe le categorie avrebbero potuto coinvolgere Leonardo Da Vinci. La paura del diverso arriva da un atavico timore ben spiegato dalla psicologia e dalle tecniche di manipolazione. «Trova un avversario, identificalo come un nemico, e il popolo inizierà seguirti.» La frase è di Goebbels, ministro della propaganda nazista. Dunque Leonardo fa paura anche oggi? Un diverso fa paura sempre.

Quali indizi concreti abbiamo (o hai scovato) sull’orientamento sessuale di Leonardo? O è un pensiero proveniente dai ritratti a modelli maschili?

Non sono uno storico dell’arte e non posso rifarmi ai modelli di nudo maschile in quanto tali. Non è vero, come sostiene qualcuno, che Leonardo dipinse più donne e Madonne che uomini. È invece vero che dedicò grande attenzione a riprodurre i genitali e gli apparati muscolari dei maschi, cosa che non fece con pari dettaglio per le femmine. In certi bozzetti ci sono corpi maschili disegnati anche in dimensioni minute ma con una carica erotica spiccata. Posso garantire che, quando vedi gli originali della Royal Collection a pochi centimetri dal naso, ogni altro disegno ti sembra di serie B.

L’unico riferimento ufficiale che associa il nome di Leonardo Da Vinci alla frequentazione omosessuale è l’atto di accusa con cui lo denunciarono. Lo riporto integralmente, ma essendo la denuncia anonima, secondo me lascia il tempo che trova.

Ci sono dettagli piccanti anche nei codici. Ne do notizia, ma invitando a ricordare che i codici sono passati in talmente tante mani da far essere certi che non tutto quanto annotato sia attribuibile a Leonardo o a gente della sua bottega.

Penso sia invece molto più interessante riflettere sui disegni scomparsi da Windsor e riapparsi in Germania alla fine del Novecento. Sono di un Leonardo che merita attenzione, mostrano membri virili in erezione e sguardi suadenti. Non potremmo definirlo LeoPorn, ma molti storici dell’arte hanno detto la loro in merito.

Esiste anche un Leonardo dei rapporti intimi coi discepoli, che cerco di approfondire senza deragliare nella fantasia del romanziere che lo ha immaginato adolescente inginocchiato in posizione inequivocabile di fronte a un amico nelle campagne di Vinci.

Una maggiore consapevolezza sulla sua omosessualità potrebbe aiutare un ragazzo a fare coming out?

Ogni modello è utile, se positivo. In un mondo normale, un ragazzo non dovrebbe sentirsi orgoglioso di essere eterosessuale perché lo era Einstein. O gay perché lo è Tiziano Ferro. Analogamente potremmo pensarlo sul caso di Leonardo Da Vinci, ma non tanto per il fatto che fosse o meno gay (allora si sarebbe detto sodomita o qualcosa del genere) ma per l’idea di una persona che non aveva timore a riprodurre figure che superassero il codice binario maschio-femmina, a cantare per intrattenere, a pettinare le dame di corte, a disegnare abiti sgargianti, a vestire ricercato, anche a legare il suo nome assiduamente a quello di uno dei suoi discepoli. Anzi, a due.

Se Leonardo Da Vinci fosse vivo oggi, cosa direbbe della nostra società, fortemente omofoba e discriminatoria verso il “diverso”?

Il periodo in cui visse Leonardo non è rappresentato dalla quiete dei paesaggi che fanno da sfondo ai suoi ritratti. Il clima è forse più simile alle lotte che raffigura, ai corpi nudi che si avvolgono tra loro, ai cavalli che si mordono feroci, ai guerrieri che combattono scalzi alternando le grida al clangore delle lame. Non dimentichiamo che Leonardo è quasi contemporaneo di Dracula e che, anche nel Rinascimento, gli affronti erano spesso pagati con morti spettacolari e lavati col sangue. Ne racconto qualcuna, mentre lo stesso Leonardo passò del tempo a ritrarre un impiccato. Potrei affermare con una certa sicurezza che sarebbe più stupito dal contrasto della “pace” esistente tra gli stati che era abituato a veder combattere tra loro e l’atteggiamento di chi oggi non perde occasione per iniettare odio strisciante nella società per distinguere i diversi. Ma torneremmo al già citato Goebbels.

Probabilmente, da buon conoscitore dei generi (umano o animale) non si farebbe un problema di quello che pensano gli altri, come non se ne faceva per le strade di Firenze quando si distingueva indossando abiti sgargianti, mentre la media dei suoi concittadini vestiva umilmente. Una serie di elementi ci fanno capire che gli piaceva farsi notare. E la storia si ripete: sul palco di Sanremo 2020 tutti ricordano gli abiti di Achille Lauro e non quelli degli altri ospiti. Questo non fa del cantante un Leonardo, ma uno che di comunicazione se ne intende. Esattamente come se ne intendeva il Maestro.

Eccezionalità e vita privata dell’artista: come sono collegate questi due fattori?

Sono una cosa sola. È la vita di Leonardo ad essere eccezionale. Oggi lo definiremmo un figo, uno che fa passare un qualsiasi influencer per dilettante. Annotava tutto, ma come dicevo faceva molto anche per farsi notare. Rimase in contatto con la sua famiglia biologica, ma se ne creò una sua affettiva. Strinse rapporti con le amanti dei suoi signori portandole nell’eternità con i ritratti. Si mise al servizio dei potenti e disegnò armi truculente ma rimase un pacifista, convinto che disegnando corpi straziati poteva convincere a non fare la guerra. Non si fece scrupoli a disporre corpi umani e animali per studiarne le funzioni, ma nello stesso tempo raccomandava la dieta vegetariana. Questo è un dettaglio che lo accomuna a Hitler, ma non sono sicuro che Leonardo Da Vinci apprezzerebbe l’accostamento.

Una parte del libro riguarda la figura di Francesco Melzi, discepolo di Leonardo. Grazie a lui possiamo oggi studiare i codici dell’artista. Ci sono prove che sia stato una persona importante anche nella vita sentimentale di Leonardo Da Vinci?

C’è il carteggio tra i due, dal quale emerge un rapporto di affetto che spazia dal paterno al goliardico. Gli stessi codici sono in un certo senso la testimonianza del loro rapporto. Finché ne ebbe la forza, Francesco ne fece tesoro conservandoli e ordinandoli. Custodì naturalmente anche quelli dalla più spiccata vena erotica. Gli storici dell’arte ritengono che mancano molte pagine all’appello. Nel libro ipotizzo che fine abbiano potuto fare, probabilmente per le disposizioni impartite da Leonardo Da Vinci stesso e puntualmente eseguite dal suo fido Francesco. C’era tra i due un legame che superava di molto il rapporto plausibile tra un maestro e il suo discepolo. È quello stesso rapporto di lealtà che spesso mi capita di riscontrare in coppie collaudate da tanti anni di vita e di avventure in comune. Alla fine si tende ad identificarli per una cosa sola. Per questo credo saranno in molti a riconoscersi nel Leonardo che racconto.

Chi è Stefano Paolo Giussani

Stefano Paolo Giussani è un noto giornalista milanese. La sua firma è presente suHuffington Post, il Corriere della Sera e Dove in particolare su temi riguardanti la sostenibilità, la green economy e il turismo responsabile.

Ha collaborato anche con National Geographic, History Channel e la Radiotelevisione Svizzera. Conduce L’altro martedì, rotocalco LGBT di Radio Popolare in onda da 40 anni.

Oltre a “Leonardo andrebbe al Pride?“, ha scritto “Farà nebbia – romanzo partigiano”, “Il ring degli angeli – sedici racconti e una fiaba”, “Gli italiani del Titanic”, “L’Ultima onda del lago” (Premio Brianza 2012), “Sentieri di fede” e una serie di monografie per Touring Editore e l’Istituto Geografico De Agostini.Il suo blog è Cronache dalla Terra degli orsi, il suo sito www.stefanopaologiussani.it

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