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Devo tornare per l’ultima volta – almeno per ora – sull’argomento etero/gay. I pezzi delle settimane precedenti hanno spinto alcuni lettori a scrivermi e gli argomenti non sono proprio tutti identici. Qualcuno, ad esempio, molto candidamente mi dà consigli sull’affaire con il mio coinquilino etero:
«Per esperienza, sono fragili a riguardo e non è un bicchiere in più o un massaggio che sposta l’ago, ma tutto il tempo prima di questa cena d’addio che deciderà la sua conclusione. Personalmente lo spingerei a prendere l’iniziativa creando una situazione e un pathos in cui lui si ritrovi come un gioco. Dopotutto la frase iniziale è già una vittoria!»
Concordo, specie sul finale. Un altro lettore invece ne approfitta per attaccare una differente ossessione: il Mito “del migliore” o del “più fotogenico”. La diversità (ammesso che questo termine abbia ancora senso) fa ancora molta paura in termini di messa in discussione della “propria tranquillità” o meglio «dell’allineamento che spesso si cerca per paura di lasciare la propria mente libera».
Un altro infine mi rivela un episodio simile al mio amore giovanile irrisolto. Anzi, più di uno, perché, come mi confessa:
«Con questo sono arrivato a 3 in 21 anni… Non mi è mai capitato di innamorarmi di un gay proprio perchè odio i modi di fare effeminati… Diciamo che mi tento l’etero sperando che sia gay. Ultimamente mi sono innamorato di un ragazzo etero, lui ne è al corrente e comunque gli va che io lo abbracci e che lo baci nelle guance. Ho passato una giornata stranissima nella sua macchina a parlare ed io lo stringevo forte forte e lo abbracciavo, e piangevo a livelli osceni per paura di perderlo. Lo sto troppo ossessionando, sto uscendo fuori di testa per lui. Sono gelosissimo, lui sta rinunciando a diverse cose per me…ed io ultimamente gli sto vietando di uscire con una ragazza perchè non saprei che fare altrimenti, potrei pensare anche di farla finita…sono al limite, davvero».
Mi chiede anche dei consigli, ma cosa dirgli, se non di evitare? Certo, non mi rimangio quanto detto
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Mi chiede anche dei consigli, ma cosa dirgli, se non di evitare? Certo, non mi rimangio quanto detto: le barriere non sono così rigide e forse lo saranno ancora meno, ma perché allora dobbiamo essere noi gay i primi a cadervi dentro? Parlo di barriere di discriminazione (verso altri gay, effeminati), di gelosia verso l’oggetto amato, di violenza (reale) nei suoi confronti e (virtuale) verso se stessi.
Io stesso, raccontando nel precedente pezzo un episodio della mia vita, ricordo l’inutilità del tutto, anche se ammetto si sia trattato di una passione mai più ripetutasi in futuro a quei livelli – e non posso giurare sul fatto che non c’entrasse il suo essere etero e irraggiungibile.
Inoltre, per quanto lungo il mio rapporto con quel ragazzo finì per logorarsi per motivi diversi dalla sessualità, ma probabilmente innescati dalla mia insoddisfazione. La complicità soltanto mentale andava estinguendosi inesorabilmente e io, non potendo godere di ciò che volevo, non gli perdonavo nulla.
E l’unico contatto fisico tra noi fu casuale: in vacanza insieme, in piena estate, mi trovai praticamente per caso nella sua stanza, a notte fonda, con lui che dormiva senza lenzuolo, in slip bianchi. La circostanza più pericolosa che mi si potesse offrire, perché un rumore imprevisto avrebbe interrotto bruscamente l’emozione e l’amicizia stessa. E oggi dico che forse avrei dovuto farlo quel rumore e rompere l’amicizia allora, anziché attendere che tutto si assopisse lentamente.
Quello che però ancora mi è rimasto, a distanza di anni, è quel suo corpo per sempre bello e il sangue che impazziva nelle mie vene. Ricordo l’odore della sua pelle che, quasi castamente, le mie labbra quella notte sfiorarono. Ricordo la paura per averlo visto improvvisamente girarsi nel sonno, porgendomi un’altra parte di sé. Ricordo il mio naso che toccò zone dove forse nessuna donna sarebbe mai giunta, cercando di impregnare le narici di tutti quegli odori che non avrei più voluto dimenticare. Ricordo la punta della mia lingua che lo sfiorò dove la sua pelle, appena ricoperta di una chiarissima peluria, veniva a confinare con l’elastico degli slip. Ricordo il segreto di quella notte, che fu il picco di un’ossessione, l’ultima mia per un etero: dopo avrei scelto di proteggermi, evitando.
Ma quel ricordo mi emoziona ancora oggi e dunque non posso biasimare chi ancora insegue chimere, per quanto, ogni volta che ripenso a quella passione, io mi domandi ancora se sia stato proprio io a viverla.
Flavio Mazzini, trentenne, giornalista, ha deciso di prostituirsi con uomini per raccontare le proprie esperienze nel libro “Quanti padri di famiglia” (Castelvecchi, 2005). Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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