Prima donna a vincere la Palma d’Oro al Festival di Cannes con Lezioni di Piano, poi premiato anche per l’Oscar per la miglior sceneggiatura, Jane Campion è tornata alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con l’adattamento cinematografico de “Il potere del cane“, romanzo di Thomas Savage pubblicato per la prima volta nel 1967 ed edito in Italia da Neri Pozza.
Protagonista indiscusso uno spaventoso Benedict Cumberbatch, omofobo represso nel Montana del 1924. Tra le pianure selvagge del vecchio West, sorge il ranch piú grande dell’intera valle, il ranch dei fratelli Burbank. Phil e George Burbank, pur condividendo tutto da piú di quaranta anni, non potrebbero essere piú diversi. Alto e spigoloso, Phil ha la mente acuta, le mani svelte e la spietata sfrontatezza di chi può permettersi di essere sé stesso. George, al contrario, è massiccio e taciturno, del tutto privo di senso dell’umorismo. Chi conosce bene Phil ritiene uno spreco che un uomo tanto brillante, uno che avrebbe potuto fare il medico, l’insegnante o l’artista, si accontenti di mandare avanti un ranch. Nonostante i soldi e il prestigio della famiglia, Phil veste come un qualsiasi bracciante, in salopette e camicia di cotone azzurra, usa la stessa sella da vent’anni e vive nel mito di Bronco Henry, il migliore di tutti, colui che, anni addietro, gli ha insegnato l’arte di intrecciare corde di cuoio grezzo. George, riservato e insicuro, si accontenta di esistere all’ombra di Phil senza mai contraddirlo, senza mai mettere in dubbio la sua autorità. Ogni autunno i due fratelli conducono un migliaio di manzi per venticinque miglia, fino ai recinti del piccolo insediamento di Beech, dove si fermano a pranzare al Mulino Rosso, una modesta locanda gestita dalla vedova di un medico morto suicida anni prima. Rose Gordon, si vocifera a Beech, ha avuto coraggio a mandare avanti l’attività dopo la tragica morte del marito. Ad aiutarla c’è il figlio adolescente Peter, un ragazzo delicato e sensibile che, con il suo atteggiamento effeminato, suscita un’immediata repulsione in Phil. George, invece, resta incantato da Rose, al punto da lasciare tutti stupefatti chiedendole di sposarlo e portandola a vivere al ranch, inconsapevole di aver appena creato i presupposti per un dramma che li coinvolgerà tutti. Perché Phil vive il matrimonio del fratello come un tradimento e, proprio come il «cane sulla collina» lanciato all’inseguimento della preda, non darà tregua a Rose, a Peter e anche al suo amato George, animato dall’odio nella sua forma piú pura: l’odio di chi invidia.
Al fianco di Cumberbatch trovano spazio Kirsten Dunst, Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee, in un film che ha diviso la critica, tra chi ha gridato al capolavoro e chi ha storto il naso. “Rimanere affascinata dallo straordinario romanzo di Savage, è stata pura gioia, ma non avevo pensato di farne un film, visti i tanti personaggi e temi maschili”, ha confessato Jane Campion. “Nel realizzarlo ci ho messo tutta me stessa e in Phil ho sentito l’amante e la sua tremenda solitudine, ma ho percepito anche la forza e l’importanza di ogni singolo protagonista, il modo in cui ciascuno si rivela alla fine”.
“Il mio è un personaggio molto complesso”, ha sottolineato Cumberbatch, in odore di Coppa Volpi. “È il cattivo della storia ma anche una figura poetica complessa, pieno di desideri che rimangono nascosti”. The Power of the Dog, in corsa per il Queer Lion 2021, arriverà su Netflix il prossimo 1 dicembre 2021.
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