“Non è questo il momento per i festeggiamenti”, esordisce così, il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, per dichiarare che quest’anno la grande parata del Pride di Tel Aviv non si terrà.
Una decisione presa “in coordinamento con le organizzazioni della comunità gay”, fa sapere il primo cittadino della capitale israeliana. Lo comunica via X/Twitter, per poterlo diffondere più facilmente a tutti. Al posto della classica parata, una delle più importanti al mondo, si terrà una manifestazione per Tel Aviv e Giaffa dal nome altisonante: “Pride, hope, freedom”.
Tel Aviv Mayor Ron Huldai announced that the city had decided — in coordination with LGBT groups — to not host its usual Pride Parade, saying this is “not the time for celebrations.”
Huldai said Tel Aviv would instead host “a rally marking pride, hope and freedom”… https://t.co/zdPTukvrSb
— Judah Ari Gross (@JudahAriGross) May 8, 2024
Il motivo? “132 sono i nostri figli e le nostre figlie che sono ancora rapiti a Gaza, il cerchio del lutto si allarga ogni giorno e ci troviamo in uno dei periodi più difficili dello Stato di Israele” continua il messaggio su X. Il riferimento è agli ostaggi di Hamas, 128 sono quelli resi prigionieri il 7 ottobre. Gli altri 4, invece, sono prigionieri storici, che oggi Israele chiede di liberare. Una retorica di un paese in guerra, che da mesi ha intrapreso una vera e propria aggressione contro la popolazione palestinese confinata già da anni nella Striscia di Gaza. I colloqui per un cessate il fuoco, tanto richiesti da tempo, non sono stati risolutivi e l’invasione dell’esercito israeliano anche a Rafah, con il controllo del valico, è ormai realtà.
Ron Huldai, l’attuale sindaco di Tel Aviv, è una figura politica associata alla sinistra israeliana. Ha avuto una lunga carriera come sindaco, e guida la città da quasi 25 anni. Politicamente, Huldai è noto per le sue posizioni progressiste e liberali. È il fondatore del partito “The Israelis”, formatosi come scissione dal partito Laburista, con una piattaforma che include il sionismo laburista, il liberalismo sociale, il progressismo, l’egualitarismo e la soluzione dei due stati, posizionandosi nel centro-sinistra dello spettro politico israeliano
fonti: Wikipedia e Jewish Insider.
L’appoggio alla scelta di Ron Huldai è abbastanza largo, ma qualcuno ha storto il naso. Il motivo è che il governo ha chiesto di rendere tutti i festeggiamenti più sobri, anche quelli delle feste civili, il Purim, che è stato festeggiato a marzo, e il Giorno dell’Indipendenza, che quest’anno cade il 14 maggio.
La parata che prenderà il posto del Pride sembra solo voler spostare il focus dal riconoscimento dei diritti e della visibilità Lgbtq verso un più sbiadito senso di speranza e libertà. Qualcuno risponde, infatti, che il Pride non è solo festeggiamento, ma anche un manifesto politico che, come direbbe Judith Butler (filosofa e teorica degli studi di genere, ebrea statunitense) mostra i corpi, veri soggetti di un’azione collettiva.
Nonostante il sindaco progressista cerchi di smorzare la situazione, alcuni appartenenti alla comunità lamentano una vicinanza politica con il governo Netanyahu. Una vicinanza che sarebbe opposta alla storia di Ron Hualdi, come detto dal 1998 sindaco di Tel Aviv, apertamente di centro-sinistra, fondatore di quel The Israelis, partito di sinistra che voleva risollevare il fronte progressista, senza tuttavia riuscirci, mentre il paese man mano è scivolato verso l’estrema destra.
Il messaggio su X si conclude, però, così: “Tel Aviv-Giaffa è la casa della comunità gay, lo è stata e lo sarà sempre. Per il nostro grande impegno a favore della comunità, quest’anno abbiamo deciso di deviare parte del budget destinato alla produzione della parata del Pride, a favore delle attività del ‘Pride Center’ di Tel Aviv-Giaffa. Sentiamo il dolore dell’intero Paese e allo stesso tempo non fermiamo per un momento la lotta per l’uguaglianza e la libertà, per tutti e per tutto. Ci vediamo alla Pride Parade nel giugno 2025”.
Se la situazione fosse come la intendono i detrattori di Huldai, ovvero ci fosse l’intenzione di relegare la comunità Lgbtq a uno stato di non-apparizione, Israele si troverebbe a fare i conti con una situazione stagnante, dove la destra e, in particolare, quella più estrema, si troverebbe a vincere la sua guerra alle persone marginalizzate, siano esse palestinesi, o LGBTIAQ+ o entrambe. Oltre a paragonarsi a tutti gli altri paesi del Medio Oriente, dove la comunità Lgbtq viene discriminata e obliata.
Si spera che questo non sia possibile. La Pride Parade di Tel Aviv avrebbe compiuto quest’anno 45 anni e sarebbe durata una settimana, dal 2 al 9 giugno. È il Pride più importante di tutto il Medio Oriente ed è meta di tantissimi turisti Lgbtq, oltre ad essere la vera manifestazione nazionale Lgbtq. Che sia una scusa perché è tempo di guerra o perché davvero si sente la necessità di una maggiore sobrietà, cancellare il Pride di Tel Aviv risulta, in ogni caso, ai nostri occhi, un fatto grave. E una ulteriore sconfitta dei tanto conclamati buoni propositi di fare di Israele un avamposto delle democrazie. La credibilità di Israele è ormai compromessa?
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