«Sono felicissima che il film abbia vinto il festival. E’ sempre difficile mostrarci al mondo come siamo: la boxe thailandese mi ha reso più forte». Con queste parole l’attrice thailandese Asanee Suwan, che non ha potuto essere a Torino, ha ringraziato via mail la giuria per aver dato il premio Ottavio Mai di 3000 euro a ‘Beautiful Boxer‘ di Ekachai Uekrongtham. Il buon film thailandese sulla muay thay, un’arte marziale violenta che non esclude testate, calci e pugni, ha così messo k.o. gli altri contendenti e soprattutto l’israeliano ‘Walk on Water‘ di Eytan Fox, il grande favorito che si è dovuto accontentare del premio del pubblico (ex-aequo col più applaudito in assoluto, la commedia irlandese ‘Goldfish Memory‘ di Liz Gill). Moritz De Hadeln ha dichiarato che la giuria ha deciso di non premiare il film di Fox trovando ambiguo il messaggio politico (il protagonista è un killer assoldato dal Mossad) e secondaria la tematica omosessuale. La motivazione della scelta di ‘Beautiful Boxer’ parla di «descrizione coraggiosa e sensibile dei conflitti di un pugile transessuale che si confronta con il desiderio racchiuso in lei di vivere senza discriminazioni la sua natura in un contesto maschilista».
Meno prevedibile il Premio speciale della giuria, andato ex-aequo a due film d’essai interessanti però più formalmente per lo stile sofisticato che per la storia raccontata: ‘Dancing‘ (foto) di Patrick Mario Bernard, Xavier Brillat e Pierre Trividic e ‘Ein Leben lang kurze Hosen tragen‘ (Il ragazzo che non sono stato) di Kai S. Pieck. Il primo è stato scelto «per la ricchezza tanto formale quanto di contenuto del viaggio fra l’immaginario e il reale di una coppia di omosessuali di mezza età, descritta attraverso un linguaggio cinematografico contemporaneo» e il secondo «per la descrizione clinica di un aspetto estremo e inquietante di una sessualità patologica».
Miglior cortometraggio ‘Un beau jour, un coiffeur‘ (foto) di Gilles Bindi, a cui vanno 1500 euro offerti da Gay.it, definito «una satira intelligente che si confronta apertamente con diversi stereotipi». Menzione speciale a ‘Drive me crazy‘ di Kim Wins. Il pubblico ha invece preferito lo spagnolo ‘Colours‘ di Carlos Dueñas e Biel. La giuria dei documentari ha scelto il messicano ‘Juchitán de las locas‘ di Patricio Henriquez, opera «di grande completezza che mostra la possibilità di una società in cui essere omosessuali è positivo e possibile». Menzione speciale al documentario vincitore del premio del pubblico, il lesbico svedese ‘Du ska nog se att det gar over‘ (‘Don’t you worry, it will probably pass’) di Cecilia Neant-Falk.
Tra i video ha prevalso ‘Al Ha’kav‘ (‘Round Trip’) di Shahar Rozen, «un film di grande umanità in cui seguiamo la lotta per l’indipendenza della protagonista. Grazie a uno splendido cast di attori, il regista esplora l’amore, la famiglia e la libertà in tutte le loro complessità». Doppia menzione a ‘Buffering…‘ (foto) di Kit Hung e ‘A Moth and a Butterfly‘ di Gilbert Kwong. Premio del pubblico a ‘Send Me an Angel’ di Nir Ne’Eman.
Serata di premiazione ricca e divertente con una sanguigna Luxuria nei panni della presentatrice trans Angela Piero di un improbabile ‘Quark’ in chiave queer. «Qual è l’altro nome della specie del gay milanese?» «Albertina». «Che cosa può perdere un Orso italiano che fa una dieta di un mese?» «Trenta giorni». La brava Raffaella De Vita ha omaggiato l’amica Gabriella Ferri con due canzoni, la ballerina Françoise si è scatenata in una danza orientale, le drag Mara Landi e Cipria hanno fatto due numeri spagnoleggianti. Si è infine visto un assaggio del musical western ‘Calamity Jane’ che sta per arrivare a Torino. A concludere un altro film thailandese, ‘Le signore di ferro 2‘ di Yongyooth Thongkonthun, ritorno della squadra di pallavolo composta da gay e trans che qui si divide dopo aver vinto il campionato: alcuni seguono Nong e altri Jung, ora acerrimi rivali. Tornano anche gli scheccanti Aprile, Maggio e Giugno e il memorabile rito scaramantico del trenino ma il film è meno divertente del primo episodio e un po’ più sgangherato.
Bilanci: una buona edizione, con un concorso di livello medio-alto senza capolavori (ma un film brutto come ‘Défense d’aimer’ non era adeguato alla competizione), un catalogo accurato, una varietà di offerte notevole ma troppo pochi film lesbici (durante la serata di premiazione una ragazza del pubblico ha giustamente gridato: «mettete più film per donne!»). Molto seguita la sezione sugli adolescenti ‘Teens in Love’. Problemi: proiezioni spesso in ritardo, dibattiti relegati in ore impossibili, acustica del Teatro Nuovo un po’ zoppicante. Temi ricorrenti: molta bisessualità, il tema del viaggio come scoperta, lo sport come aggregazione e mezzo per una redenzione sociale, la comparsa di generi insoliti per il cinema gay come il thriller e la spy story. Volti da ricordare: la bella Sandra Ceccarelli, dallo sguardo triste e sperduto; l’irruenza comunicativa di Valeria Scognamiglio, una Magnani napoletana naturalizzata francese; l’inquietante Jean-Luc Verna musa di Brice Dellsperger, quasi un Calibano tatuato in versione sadomaso.
Il cinema gay sembra comunque vivo e vegeto, ormai un genere a sé stante sempre più trasversale, aperto a contaminazioni e travalicamenti.
E anche il Togay, nonostante i cronici problemi di denaro, sta dimostrando di essere in buona salute.