A Bologna il prossimo 1° Luglio, dopo più di 8 anni di attività, il BLQ Checkpoint, primo centro italiano dedicato alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali per il test HIV, HCV, sifilide e servizi per la salute sessuale, chiuderà i battenti.
Il presidente di Plus APS, Sandro Mattioli, ha spiegato che si tratta di una decisione difficile, quanto necessaria, perché “non ha senso continuare senza una collaborazione fattiva da parte dell’Azienda Sanitaria di Bologna”.
Finora, l’Ausl non ha ancora fornito i fondi previsti dalla convenzione che coinvolge Plus APS, Ausl Bologna e Comune di Bologna come firmatari e che ha dato vita al Checkpoint. Non è stata fornita alcuna spiegazione o comunicazione in merito a questa mancata erogazione dei fondi.
I mancati finanziamenti per l’anno in corso sono soltanto l’ultimo elemento di un più drammatico quadro di sottrazione di mezzi e fondi. È chiaro lo scarso interesse e il mancato riconoscimento politico da parte dell’Azienda Sanitaria. Nel corso degli anni, Plus si è scontrata ripetutamente con l’indifferenza di un’istituzione che sembra dare più importanza alle procedure burocratiche che alla prevenzione dell’HIV, delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) e alla salute pubblica.
Una mancanza di interesse che, secondo quanto comunicato dal presidente Mattioli, si è andata accentuando dopo il pensionamento della dott.ssa Venturi, che era il medico di riferimento per il Checkpoint, garantiva anche un certo supporto logistico ed era forse l’unica persona all’interno dell’Ausl interessata al progetto
Ma è possibile che un’intera azienda sanitaria abbandoni l’impegno nella prevenzione dell’HIV semplicemente perché una persona meritevole va in pensione?
Primo segnale di un certo abbandono politico del progetto già nel 2020, quando la convenzione fu rinnovata solo dopo ripetute sollecitazioni, senza alcun dibattito o riconoscimento. Dopo mesi di silenzio, la direttrice generale dell’Ausl, dott.ssa Gibertoni, aveva inviato a Plus una convenzione modificata unilateralmente e già firmata.
Da allora, il silenzio è diventato una costante. Ora, dopo mesi di email a vuoto, si scopre che il BLQ Checkpoint è stato spostato dalle competenze del dipartimento Cure Primarie al dipartimento di Salute Mentale, e questo senza alcuna spiegazione o comunicazione a riguardo, neanche rispetto all’assegnazione del nuovo medico di riferimento.
“Un centro di eccellenza, preso ad esempio a livello nazionale come best practice, ma che è ancora fermo allo stadio di start-up – sottolinea Mattioli – L’esatto contrario di ciò che è previsto dal protocollo Fast Track City recentemente firmato dal Sindaco di Bologna”
Una mancanza di copertura politica che si ripercuote sulle concrete mancanze di mezzi per erogare servizi. Plus, stando a quanto racconta Mattioli, ha dovuto pagare con i propri fondi i test per la sifilide che sarebbero dovuti essere coperti dall’Ausl, al fine di continuare a offrire il servizio. Una spesa annua di circa 5/6mila euro e una richiesta di rimborso a cui nessuno ha mai risposto. Nel 2021, Plus ha scoperto che i test per la sifilide non erano affidabili a causa di falsi negativi. Dopo aver informato l’Ausl del problema, si è convenuto di sospendere l’acquisto dei test. Ma non è stato fatto nulla per individuare e acquistare nuovi test affidabili. Di conseguenza, dopo un periodo di sospensione dei test, Plus ha deciso di acquistarli con i propri fondi, a scapito di altri progetti.
Sandro Mattioli conclude dicendo che quando hanno iniziato il progetto del Checkpoint, hanno scelto di coinvolgere l’Azienda Sanitaria di Bologna. Per loro, coinvolgere l’Ausl è stata principalmente una scelta politica. Nonostante credano ancora in quella decisione, non possono ignorare la totale mancanza di collaborazione politica da parte dell’Ausl. Pertanto, non ha senso continuare in questo modo. Il Checkpoint di Bologna chiuderà il 1° Luglio.
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