Con l’aiuto di un complice, arrestato anch’egli, adescava preti gay via Facebook, ne carpiva la buona fede e, dopo avere avuto delle confidenze sul loro orientamento sessuale, li ricattava, minacciandoli di far scoppiare uno scandalo in Vaticano se le vittime non avessero versato del denaro.
Con questa accusa, don Diego Caggiano, prete ortodosso di 37 anni originario della provincia de L’Aquila, è stato rinviato a giudizio. L’uomo e il suo complice dovranno rispondere di estorsione aggravata.
I fatti risalgono al 2011 quando Caggiano con la complicità di Giuseppe Trementino, 31 anni, aprì su Facebook un gruppo chiamato “Grido di verità” gestita apparentemente da quello che avevano battezzato “Osservatorio di abusi da parte di sacerdoti”.
Lo scopo era semplice: intercettare sul social network sacerdoti gay, assicurarsi del loro orientamento sessuale grazie alle confidenze che i due riuscivano ad estorcere loro dopo avergli chiesto l’amicizia, e poi ricattarli per ottenere denaro in cambio del silenzio.
A denunciare i due è stata una delle vittime che ha raccontato che il prete ortodosso lo aveva contattato a seguito di una segnalazione ricevuta sul suo conto, con tanto di prove fotografiche e video. Quasi una comunicazione dovuta, quella che Caggiano sembrava fare alle sue vittime, alle quali diceva di avere il compito di inviare le segnalazioni direttamente in Vaticano. E a qual punto partiva il ricatto: soldi al posto del silenzio.
E mentre il complice, Trementino, ha patteggiato ed è già stato condannato a tre anni per estorsione aggravata e continuata, pena che sconterà con l’affidamento ai servizi sociali. Padre Caggiano, invece, andrà in udienza il prossimo 11 novembre.
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