Un’altra sconfitta, un’altra sentenza, questa volta definitiva. È arrivata oggi la sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ha rigettato totalmente il ricorso presentato dall’ex senatore Simone Pillon nel processo per diffamazione ai danni dell’associazione Omphalos LGBTI. L’ex senatore leghista, imputato a seguito delle dichiarazioni contro le attività di sensibilizzazione di Omphalos nelle scuole umbre, era stato condannato in via definitiva dalla Corte di Appello di Firenze a 1.500 euro di multa e ad una provvisionale di 30.000 euro di risarcimento danni all’associazione e ai suoi attivisti. Pillon aveva di fatto additato gli attivisti LGBTQIA+ come ‘adescatori di minorenni’, nel 2014, nel corso di una serie di dibattiti pubblici.
Pillon si era appellato alla Corte di Cassazione, che ha ora totalmente rigettato il ricorso da lui presentato, condannandolo al pagamento di ulteriori spese legali a tutte le parti civili in causa.
«Siamo pienamente soddisfatti – ha commentato il presidente di Omphalos LGBTI, Stefano Bucaioni – Giustizia è fatta nei confronti di un personaggio che ha fatto dell’odio verso le persone LGBTQIA+ la sua ragione di battaglia politica. Con la sentenza di oggi la Corte di Cassazione mette una pietra tombale sulla vicenda confermando, senza altra possibilità di appello, la condanna di Pillon per le gravissime affermazioni che fece nei confronti di Omphalos e delle sue attiviste. Ora possiamo finalmente dire Pill-OFF.»
L’associazione e i suoi attivisti sono stati difesi dagli avvocati Saschia Soli e Marco Florit, entrambi parte di Rete Lenford, Avvocatura per i diritti LGBTI, ai quali tutta Omphalos ha voluto esprimere un profondo ringraziamento per l’impegno e la passione con la quale hanno condotto questo processo.
“Come abbiamo più volte ricordato, anche in occasione delle più recenti polemiche sul DDL Zan – ha continuato Bucaioni – nessuno nega al Sen. Pillon il diritto di esprimersi, per quanto medievali e fuori dal tempo possano essere le sue esternazioni. Ciò che il Sen. Pillon, e chiunque altro, non può fare è sostenere tali opinioni diffamando il lavoro delle associazioni LGBTQIA+ e raccontando il falso. Questa non può essere considerata critica politica, altrimenti sarebbe tutto permesso. Siamo soddisfatti che la Suprema Corte di Cassazione ci abbia dato nuovamente ragione e abbia ristabilito la verità e la giustizia in questa triste vicenda“.
Pochi mesi fa anche Silvana De Mari perse in Cassazione dopo aver fatto ricorso a seguito di una condanna per aver diffamato la comunità LGBTQIA+ , con Pillon a difenderla come avvocato.
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