Anthea Hamilton e la fenomenologia contemporanea del sedere

Può un fondoschiena di 10 metri vincere uno dei premi più importanti per l’arte contemporanea?

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A 37 anni, Anthea Hamilton è già riuscita ad affermarsi sulla scena artistica britannica e internazionale. Presentando opere ibride tra il kitsch e il surreale, l’artista inglese si interessa alla rielaborazione di immagini e ai modi di rappresentazione mediali moderni. Di grande teatralità, le sue opere rivedono sotto una nuova luce oggetti, capi d’abbigliamento o immagini pre-esistenti, in un processo che vede come protagonista la messa in discussione della loro immutabilità – dove significante e significato vengono scomposti e riassemblati in combinazioni spesso ironiche e mai scontate.

Cigarette Pipes (2015)
Cigarette Pipes (2015) (Installation View: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York)
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Chastity Belts, 2015 (Installation view: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York)

Di recente, l’artista è stata nominata al Turner Prize, uno dei premi più importanti per l’arte contemporanea riservato ad artisti britannici con meno di 50 anni, tra i cui vincitori spiccano artisti quali Damien Hirst, Gilbert & George, Wolfgang Tillmans e Steve McQueen. Sarà assegnato il 6 dicembre 2016 e in corsa troviamo altri tre artisti: Josephine Pryde, Helen Marten e Michael Dean.

Tuttavia, ciò che ha fatto storcere più di un naso per la nomination di Anthea Hamilton è stata la mostra per la quale l’ha ottenuta: Lichen! Libido! Chastity! allo Sculpture Center di New York. L’opera centrale del suo solo-show è un’enorme installazione di quasi 10 metri in cui un sedere tenuto aperto da due mani maschili sfonda la riproduzione di un muro di mattoni. L’opera in questione è la realizzazione di un progetto incompiuto dell’architetto italiano Gaetano Pesce, che nel 1972 aveva ipotizzato un’installazione simile per la porta d’entrata di un grattacielo newyorchese.

Project for Door (After Gaetano Pesce) 2015
Project for Door (After Gaetano Pesce), 2015 (Installation view: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York)

Il motivo per cui un’opera tale possa far alzare qualche ciglio non è difficile da intuire, ma come il direttore della Tate Britain – Alex Farquharson – ha tenuto a sottolineare, le scelte di quest’anno riflettono “cosa significa vivere in un mondo saturo di immagini sotto l’onnipresente influenza di internet.

Gaetano Pesce’s original 1972 architectural mockup that inspired Hamilton’s piece
Abbozzo del progetto originale di Gaetano Pesce del 1972 che ha inspirato l’opera dell’artista Anthea Hamilton

Dopotutto, cosa si riesce a trovare con più facilità su internet, se non una foto di un sedere? Pensiamoci: la copertina di Kim Kardashian per Paper Mag, l’elogio del twerking, i continui riferimenti ai big o bubble-butts nei video musicali o una più locale foto in palestra ben calibrata… Insomma, vero protagonista dei nostri tempi è la sovraesposizione esasperata del culo.

Perché quindi non riconoscere il lavoro di un’artista che ha usato il tanto famigerato fondoschiena per dare forma alla sua arte? Non sarà che l’imponenza e il gesto tanto simbolico quanto smodato che l’opera compie richiami il nostro smisurato desiderio di attenzioni e likes sui social? Non è un caso infatti, che l’artista e i curatori della mostra avessero incoraggiato i visitatori a fare foto di fronte all’opera: una palla, da questi, immediatamente colta al balzo.

Tornando, però, entro i limiti del processo artistico di Anthea Hamilton, questo fatto dovrebbe farci riflettere sui modi in cui uno stesso progetto venga reinterpreto e re-concepito sia da chi lo crea che da chi lo osserva. Si potrebbe dire che l’artista si sia lei stessa appropriata di un qualcosa che non le apparteneva, per poi spogliarlo della sua utilità originale dandogli un ruolo diverso, conforme a un contesto temporale e sociale moderno. Se l’installazione di Pesce era pensata come entrata, quella di Anthea Hamilton non conduce da nessuna parte; anzi – irrompe sulla scena dall’interno verso l’esterno.

Rice Cake, 2015
Rice Cakes, 2015 (Installation view: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York)
Brick Suit (2010)
Brick Suit, 2010 (Installation view: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York)

L’artista inglese lavora molto anche sullo spazio stesso in cui le sue opere vengono esposte. Da notare infatti come la Hamilton abbia ricreato pareti coperte di carta da parati in cui i mattoni dello stesso Sculpture Center di New York vengono copiati, riprodotti e stampati. Il mattone è simbolo di concretezza e sostanza, ed è per questo che Anthea Hamilton separa l’idea dal corpo, negandone la natura. E’ la carta da parati a darci il senso di muro: l’immagine del mattone viene scissa dalla sua materialità. E per portare quest’idea ad un livello di astrazione fittizia ancora maggiore, utilizza lo stesso pattern a mattoni anche per creare un completo.

Natural Livin’ Boot, 2015
Natural Livin’ Boot, 2015 (Installation view: Lichen! Libido! Chastity! Exhibition, Sculpture Center, New York

Durante il corso dell’articolo avrete potuto notate altre opere sottoposte ad un percorso sovversivo simile: alti stivali dalle sembianze anfibie, gallette di riso trasformate in medaglioni di vetro, tubi intrecciati a formare enormi sigarette, cinture di castità la cui disposizione ricorda più una fila di sex swingsTutto, insomma, è stato esposto ad una mutazione: in un mondo moderno votato all’esposizione eccessiva e al progressivo annullamento di confini tra diverse dimensioni culturali, sessuali, naturali e man-made, per quanto ancora l’idea di staticità ed esclusività potrà sussistere?

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