Ci sono tre soggetti nel delitto di Roma.
Uno si traveste da donna e nella sua lettera di addio, prima di un suicidio fortunatamente sventato, delira sulla propria presunta volontà di transitare all’altro genere, inneggiando alla propria madre e a Dalida.
Uno ha bisogno che l’altro si travesta da donna, per riuscire a far sesso con un uomo, del quale è invaghito da almeno tre mesi e al quale dice, prima dell’atroce atto finale, “Questa cosa ci legherà per sempre”.
Infine la povera vittima. Un ragazzo di ventitre anni, da nove anni fidanzato con la stessa ragazza che di lui scrive “non mi importa delle dicerie, ti amo lo stesso”. Un ragazzo che si faceva pagare in soldi e cocaina, per far sesso con altri uomini. Reiteratamente. Pace alla sua anima e che qualcuno mi perdoni, per aver trovato la forza cinica di doverne scrivere, ma è necessario, e mi dispiace.
Questo è il delitto omofobico perfetto, maturato in quella più estesa palude di sangue che è il clima di odio ed esclusione verso le persone LGBTI di questo paese. Compresse, pressate, assediate. Questo è il paese dove il ministro degli Interni ci definisce “contro natura” senza che nessuno dica nulla. E questo è solo l’ultimo esempio di un clima di odio culturale verso il femminile e di conseguenza verso tutte le persone riconducibili all’universo LGBTI.
Un gay che vuole diventare donna. Due gay repressi che hanno una vita parallela per disinnescare le proprie pulsioni omosessuali. Tre maschi che non riescono a collocarsi rispetto al proprio femminile.
Questo è un delitto senza femminile. O per meglio dire, con una disperata ricerca di femminile. Questo è un delitto italiano.
Giuliano Federico
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