In occasione della pubblicazione per Il Battello a Vapore di La battaglia del bosco senza nome, da poco in libreria, abbiamo intervistato Diego Passoni in una diretta Instagram. In fondo a questa pagina si può fruire della registrazione video della chiacchierata con Passoni. Di seguito una rielaborazione testuale dell’intervista.
Per la prima volta – dopo Ma è stupendo, Siamo tutti sulla stessa arca e Isola – ti rivolgi a un pubblico di bambini. Da dove nasce questo desiderio?
Mi è stato proposto dalla casa editrice e questa scommessa mi ha incapricciato sin da subito. La sfida principale è stata trovare il giusto tono di voce con il quale rivolgersi a un pubblico di giovanissimi.
Dei giovani se ne parla spesso e molto male: tu però hai scritto un libro che accende un lume su una generazione di cui, in effetti, si parla molto poco. Pietro, il protagonista, ha undici anni e vive in quella terra di mezzo tra la pura infanzia e la pubertà.
Sì, è una terra di nessuno, quell’età. Un periodo in cui il corpo comincia a cambiare: per metà, nei trastulli e nei giocattoli, sei ancora nell’infanzia, per l’altra metà inizi a voler guardare il mondo come un adulto. Non sai molto bene chi sei, il mondo dell’infanzia inizia a perdere la sua magia, si comincia ad avere a che fare con il mondo esterno in modo diverso. Il protagonista del libro soffre l’inizio delle scuole medie, mal tollera il passaggio dai maestri ai professori. Anche per me è stato un inferno quel periodo, un tempo in cui si fa fatica a comprendere, cambiano i comportamenti, cambia il mondo, cambiano gli altri. È difficilissimo. È anche un’età in cui si guardano tanto gli altri, si creano nuove amicizie, si cercano strumenti con cui analizzare la realtà. È un po’ un tempo di voglia e di paura.
A questo proposito, io credo che La battaglia del bosco senza nome sia un libro sull’incontro. Pietro si trova catapultato in uno spazio-tempo differente e divergente da quello in cui abita. Cos’è l’incontro per te?
L’incontro è l’avvenimento che ti porta fuori dalla bolla, fuori dalla tua traiettoria: gli imprevisti, gli altri, sono il motivo per cui va in frantumi il nostro ideale di perfezione e tutte le nostre certezze. Non possiamo chiuderci dietro una porta invalicabile, la vita è quella cosa che succede quando si supera quella porta e si decide di incontrare gli altri e lasciare sì che questi incontri cambino le nostre idee, il nostro mondo. È l’incontro che ci permette di diventare quello che siamo.
Forse crescere è proprio questo?
Certo, è inevitabile, succede a tutti: a un certo punto si smette di essere protetti e si inizia a vivere. È il primo passo per cercare gli strumenti che ci servono. Io credo tantissimo negli incontri, non ho un bel carattere, non sono una persona facile, eppure credo negli incontri. Anche se sono spesso scomodi, anche se a volte sono sgradevole, è lì che si nasconde la vita.
I genitori lo spediscono dalla zia professoressa, che abita in montagna, nei pressi di un bosco. C’è molta natura nel tuo romanzo.
Volevo raccontare una realtà che è molto distante dai ragazzi di oggi: siamo tutti urbanizzati, cresciuti in contesti molto protetti. La natura, invece, è più ostile. È piena di imprevisti, le esigenze personali devono finire in secondo piano. Volevo dire ai ragazzi proprio questa cosa: che a volte le nostre istanze non possono essere al centro delle agende altrui. Nella natura non c’è la centralità, tutto è sincronico, tutto è collegato, ma non c’è una gerarchia. Ci insegna a lottare per il benessere di tutti, mentre oggi lottiamo per difendere solo noi stessi. Il bosco è un coro. Insegna ad ascoltare il vento, il rumore degli alberi. Come Pietro che, d’un tratto, vede e incontra una lepre.
E si riconoscono, lui e la volpe, guardandosi negli occhi.
Sì, si riconoscono mentre oggi è tutto polarizzato, siamo tutti in lotta per gli ideali personali ma non per il miglioramento dello spazio comune. Se è tutto polarizzato, nessuno si ferma a verificare che i mezzi a nostra disposizione funzionino.
L’incontro porta con sé anche la paura e il fallimento. Che ruolo hanno queste parole nel romanzo?
Mentre scrivevo questo romanzo, pensavo a cosa avrei voluto mi raccontassero quando ero piccolo. Avrei voluto mi dicessero che è normale avere paura di fallire, per esempio. Pietro è andato alle medie e non ci ha capito nulla: non ha capito come ci si rivolge ai professori, che tono usare, come piacere agli altri. A quell’eta tutti vogliamo piacere, anche se è faticoso ammetterlo. Per questo, cerchiamo un codice, uno stile che ci faccia fare bella impressione. L’esigenza di appartenere a un gruppo è forte ed è una cosa sanissima. È normale volere essere accettati, ma bisogna imparare a considerare che non tutto andrà per forza per il meglio. È un’età in cui secondo me è sano sperimentare, fare più esperienze possibile, anche perché le prime esperienze sono quelle che segnano di più nella vita. Spero che questo libro venga letto dai ragazzi insieme agli adulti di casa, così che possa diventare anche un modo per dialogare.
Quali sono i libri, o le storie, che ti hanno segnato quando avevi la stessa età di Pietro?
Il mio totem è Il meraviglioso mago di Oz, di L. Frank Baum, che racconta proprio l’incontro e decostruisce la retorica dell’eroe. È un romanzo corale, i personaggi son tutti comprimari e compiono un viaggio insieme. Anche il film Stand by me, tratto dal romanzo di Stephen King è stato molto importante per me. Infine, consiglierei l’anime Il mistero della pietra azzurra, una storia piena di sogno e di fantasia. Parla di incontro e di amicizia, che è lo spazio che dovremmo abitare oggi.
Lo diceva anche Michela Murgia: che dovremmo abitare l’amicizia, anche nel dissenso, anche nello scontro. Perché confrontarsi significa voler stare in uno spazio insieme, continuare a lottare per salvaguardare quello spazio comune.
Grazie per aver citato Michela Murgia! L’amicizia è rivoluzionaria, perché può prevedere molto bene il dissenso. Soprattutto oggi, che siamo tornati a utilizzare le forze dell’ordine per castrare le forma di dissenso.
Visualizza questo post su Instagram
Crediti fotografici: Diego Linciano
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.