FOGGIA – Don Fabrizio Longhi, il parroco di Rignano Garganico che nello scorso Natale aveva ospitato l’omelia di un ragazzo gay, è stato trasferito per ordine di monsignor Michele Seccia, vescovo della diocesi di San Severo. A partire dal 1° settembre, don Fabrizio, 43 anni a luglio, d’origine bergamasca, responsabile per la Puglia del Coordinamento nazionale della comunità d’accoglienza che ha tra i suoi leader don Luigi Ciotti, dovrà lasciare l’incarico.
I cittadini, però, non ci stanno e formano un comitato spontaneo per difendere “il prete scomodo”, come lo chiamano un po’ tutti nel paese del Foggiano: “Lo vogliamo ancora e siamo pronti alle barricate. Ancorché con monsignor Seccia desideriamo avere un sereno confronto e non un corpo a corpo: siamo per la non violenza e seguiamo i consigli di vita e di comportamento cristiano di don Fabrizio”.
Padre Longhi la notte di Natale dell’anno scorso aveva affidato l’omelia ad un ragazzo gay della provincia di Salerno, Pasquale Quaranta, 21 anni: “Sono venuto in chiesa per parlarvi di omosessualità. No, non vi spaventate, ascoltate…”. Il parroco di “Maria Santissima Assunta” fu criticato, per questo, in ambienti canonici. Sei mesi più tardi, lo “sfratto”.
Solidarietà a don Fabrizio Longhi è stata espressa da Giovanni Felice Mapelli, Coordinatore del Centro Studi Teologici di Milano: «è la riaffermazione del copione solito col quale la chiesa cerca invano di tacitare qualunque voce profetica al suo interno – afferma Mapelli – Chiesa e omosessualità, ormai, sono una questione che spacca in due i vescovi e la comunità dei fedeli. È ben singolare che ciò che viene dalle comunità, dal basso, venga soppresso autoritariamente dai vertici perché, in realtà, è proprio la comunità cristiana che spesso sa capire, prima delle gerarchie, quali siano i “segni dei tempi” e quali le risposte evangeliche: anche gli omosessuali hanno diritto all’amore ad una vita di relazione».
Per Aurelio Mancuso, la rimozione del parroco di Rignano Garganico «è un maldestro tentativo di ridurre al silenzio un sacerdote, che con il suo lavoro, ha conquistato la solidarietà di tutta la comunità dei fedeli e, soprattutto reso evidente come dentro la Chiesa continuino a resistere germogli di speranza per gli esclusi».
«Come Arcigay esprimiamo la nostra solidarietà al sacerdote – afferma ancora Mancuso – e ci uniamo al coro di protesta che in tutto il paese si sta giustamente levando, rispetto a una decisione che colpisce come sempre chi vuole rendere concreta la missione di dialogo e condivisione di tutte le differenze»