Iran, l’ipocrisia dei mullah e dei funzionari pubblici omofobi: spuntano video con rapporti omosessuali

Quando i segreti di funzionari e leader religiosi dell'Iran vengono alla luce, emerge una verità scomoda: il divario tra ciò che predicano e ciò che praticano.

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Proteste soppresse con la violenza, persone arrestate, uccise, umiliate pubblicamente: l’Iran rimane uno di quei paesi in cui la libertà di espressione e di autodeterminazione non sono permesse, a causa di rigide imposizioni da parte di un regime islamico sempre più distante dalla popolazione.

Qui, l’omosessualità è considerata un crimine, punibile con la reclusione, gli abusi e, in alcuni casi, anche con la pena di morte. Oltre che a rinforzare le proprie politiche repressive, l’Iran si dimostra anche solidale con altri paesi – ultimo esempio l’Uganda – che perseguitano la comunità LGBTQIA+. 

Eppure, una serie di video diffusi da alcuni attivisti ha messo in luce l’ipocrisia di alcuni funzionari e leader religiosi del paese, rivelando un contrasto marcato tra le loro azioni private e le leggi che sostengono e impongono al popolo.

Rapporti omosessuali tra funzionari di stato del rigido Iran

Il primo filmato, diventato virale, mostra Reza Seghati, direttore generale dell’ufficio del ministero della Cultura nella provincia di Gilan, in un rapporto intimo con un altro uomo.

Questa rivelazione è stata seguita da altro materiale compromettente, che coinvolge diverse figure di spicco, come Mohammad Safari, e mullah, le autorità religiose del regime. La diffusione di questi video ha gettato una luce imbarazzante sulle doppie vite di coloro che rappresentano e difendono un regime basato su rigidi principi islamici.

La reazione ufficiale del regime è stata quanto meno ambigua. Se da un lato il dipartimento di orientamento culturale e islamico di Gilan ha fatto riferimento ai video e ha promesso indagini, dall’altro, l’azione concreta è stata diretta non tanto nei confronti dei protagonisti dei video, ma verso coloro che li hanno diffusi.

L’utente che ha pubblicato il video di Seghati, ad esempio, ha dichiarato di aver ricevuto minacce di morte e di essere stato ricattato dalle autorità, che negli scorsi giorni hanno arrestato alcuni dei suoi parenti.

Predicano male, razzolano peggio

Le conseguenze di questi scandali vanno ben oltre l’indignazione immediata. Innanzitutto, rivelano l’ipocrisia intrinseca del regime. Reza Seghati, ad esempio, è noto per le sue vedute estremamente conservatrici, soprattutto riguardo al ruolo delle donne nella società iraniana.

Seghati è stato primo promotore della ventata di restrizioni imposte alle libertà sociali delle donne e ha sostenuto rigorose leggi sul velo obbligatorio. Eppure, dietro le quinte, sembra aver condotto una vita che va contro tutto ciò che pubblicamente difende e sostiene.

Questo comportamento non è limitato a un singolo individuo. Mahdi Haghshenas, un altro protagonista di uno degli scandali video, è noto per la sua condanna verso un’attivista che aveva osato protestare pubblicamente contro la legge sul velo, rimuovendo la sua hijab e sventolandolo.

Eppure, come il video ha dimostrato, anche lui conduce una doppia vita, lontana dai rigorosi standard morali che impone agli altri.

“Siamo arrabbiati per l’ipocrisia, non perché hanno rapporti omosessuali”

I recenti scandali rivelano non solo l’ipocrisia dei leader, ma anche una crescente tensione in Iran tra una popolazione progressista e un regime arcaico. Con l’avvento dei social media e la facilità di diffusione delle informazioni, è diventato sempre più difficile per il regime mantenere sotto controllo le narrazioni e nascondere le verità scomode.

Javad Akbarein, intellettuale iraniano ed ex Mullah attualmente risiedente a Parigi, ha razionalizzato la rabbia del popolo iraniano.

Gli iraniani sono in realtà arrabbiati per l’ipocrisia, non per la sessualità di queste persone. Queste persone sostengono di essere virtuose e sante. Hanno imposto alle persone le rigide regole della Sharia; hanno imposto l’hijab alle donne. Se l’Iran non fosse una teocrazia e se non fossero rappresentanti di questa dittatura religiosa, non staremmo parlando di loro, perché si tratta di una relazione tra due adulti consenzienti

Gli attivisti, sia all’interno che all’esterno dell’Iran, stanno trovando modi sempre più ingegnosi per utilizzare queste piattaforme ed esporre le incongruenze del governo. Un’arma per chiedere cambiamenti reali e sostanziali, nonostante l’ondata di repressione subita dai manifestanti negli scorsi mesi.

Mentre questi video possono sembrare a prima vista semplici scandali, rappresentano in realtà la punta dell’iceberg di un problema più ampio in Iran.

Evidenziano il crescente divario tra un regime che cerca di mantenere un rigido controllo basato su interpretazioni conservative dell’Islam e una popolazione che, grazie all’esposizione a idee e culture globali, pretende una società più aperta e progressista, chiedendo anche il supporto dei paesi occidentali. 

Con le continue proteste e la crescente voce degli attivisti, è chiaro che l’Iran si trova ad un bivio. La domanda ora è: quale direzione prenderà?

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