Il presidente dell’Iran Ebrahim Raisi ha espresso la sua disapprovazione per l’omosessualità durante la sua visita in Uganda, tappa del suo tour africano. Durante un incontro con il presidente ugandese Yoweri Museveni, Raisi ha elogiato l’Uganda per l’Anti-Homosexuality Act, la recente legislazione anti-LGBTQIA+ che prevede la pena di morte per “omosessualità aggravata”. Legge che ha suscitato forte condanna da parte dei Paesi occidentali, ai quali Raisi si è rivolto parlando tuttavia di “brutto fenomeno dell’omosessualità“.
Nel mondo sono circa 70 i paesi che criminalizzano l’omosessualità >
Iran e diritti LGBT
In Iran l’omosessualità è condannata con la pena di morte. Diversa è la condizione delle persone transgender, alle quali è concessa la transizione di genere, sebbene nel 2018 un rapporto di Human Rights Watch abbia evidenziato il clima di persistente stigma e ripudio verso le persone transgender. Le donne trans in Iran sono obbligate a vivere in periferia e subiscono il patriarcato maschilista che subiscono tutte le donne iraniane, che nell’ultimo anno sono state protagoniste della Rivoluzione che sta cercando di sovvertire il regime teocratico sciita.
Il regime iraniano è caratterizzato da una combinazione di elementi teocratici e democratici, con il potere concentrato nelle mani delle istituzioni religiose e del leader supremo. “La Rivoluzione d’Iran è una rivoluzione queer” ci aveva spiegato l’attivista Matthew Nouriel in una recente intervista a Gay.it
Uganda e diritti LGBT
In Uganda il presidente Museveni aveva recentemente chiesto all’Africa di “salvare il mondo” dalla “pericolosa” omosessualità, e dopo aver inscenato un bluff, eliminando dalla legge anti-LGBTQIA+ l’obbligo per parenti e amici di fare outing presso le autorità, una mossa che Museveni ha compiuto per ingraziarsi i paesi occidentali che avevano fortemente reagito al disegno di legge, infine la norma è stata definitivamente approvata lo scorso Maggio 2023. Gli Stati Uniti hanno minacciato di applicare pesanti sanzioni economiche all’Uganda, dopo l’approvazione di una legge così repressiva per le persone LGBTQIA+.
Tra i tanti e gravi contraccolpi sociali presso la popolazione queer ugandese, si teme fortemente anche per le conseguenze sanitarie. La feroce repressione dell’omosessualità potrebbe riportare il paese indietro nella lotta all’Hiv.
A un mese dall’approvazione della legge, secondo Human Rights Awareness and Promotion Forum (HRAPF), le azioni discriminatorie e violente verso persone LGBTQIA+ sono già triplicate.
L’HRAPF ha affrontato un totale di 65 casi, dei quali 46, rappresentando il 70,8% del totale, hanno avuto come bersaglio specifico persone LGBTI o supposte tali. Tra questi casi, 23 sono stati caratterizzati da atti di violenza o minacce di violenza, 19 sono stati associati a sfratti da abitazioni in affitto e 4 hanno portato ad arresti correlati all’orientamento sessuale.
Questi dati rappresentano un aumento significativo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I casi di discriminazione mirata sono triplicati, passando da 15 a 46, così come quelli di violenza, che sono aumentati da 7 a 23, e gli sfratti, che sono saliti da 2 a 19. Tuttavia, gli arresti sono diminuiti, passando da 6 a 4. Questa diminuzione potrebbe suggerire un coinvolgimento maggiore della popolazione rispetto alle autorità nell’attuare atti di violenza e discriminazione dopo l’entrata in vigore della controversa legge.
Durante la sua visita in terra d’Uganda, il presidente iraniano Raisi ha criticato i Paesi occidentali per il loro presunto attacco alle fondamenta della famiglia e alla cultura nazionale attraverso la promozione dell’omosessualità e l’uso dei diritti umani come strumento politico. E ha sottolineato la necessità di cooperazione tra l’Iran e l’Uganda su questo tema.
Quella di Raisi in Africa è una presenza che rientra nella strategia iraniana di diversificare le proprie relazioni commerciali e diplomatiche di fronte alle sanzioni economiche USA verso l’Iran. Durante la visita, l’Iran e l’Uganda hanno firmato diversi memorandum d’intesa che riguardano l’esenzione dal visto, la cooperazione agricola e l’istituzione di una commissione permanente congiunta.
Raisi ha anche inaugurato l’ufficio per l’innovazione e la tecnologia dell’Iran in Uganda, evidenziando l’interesse per la cooperazione nel settore tecnologico. L’Iran sta in questo momento fornendo, come è noto, tecnologia per i droni russi nella guerra di Putin all’Ucraina.
Prima della visita in Uganda, Raisi si è recato in Kenya, dove ha incontrato il presidente William Ruto e ha concordato di potenziare la capacità di ricerca e tecnologia di Nairobi.
La visita di Raisi in Africa e la sua alleanza con l’Uganda riflettono un possibile spostamento dell’asse strategico verso l’Africa, lontano dall’influenza occidentale. Gli analisti occidentali individuano nella strategia iraniana un parallelismo con la Cina e con i movimenti di influenza socioeconomica cinese in atto in Africa.
La nuove rotte di espansione da parte dell’Iran, sono state condannate dalla comunità internazionale a causa delle violazioni dei diritti umani, in particolare per la criminalizzazione dell’omosessualità.
La Russia ha invece cercato di aumentare la sua presenza diplomatica e commerciale nel continente africano – anche grazie alla Brigata Wagner che controlla la Repubblica Centroafricana – incluso un incontro tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il suo omologo ugandese.
Il continente africano sembra essere oggetto di un riallineamento geopolitico, con le potenze occidentali che cercano di promuovere i diritti umani e le libertà individuali, mentre altre nazioni, come l’Iran e la Russia, cercano di stabilire partenariati basati su interessi economici e politici comuni.
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