Riceviamo dalla Fondazione Luciano Massimo Consoli che lo ha in archivio e volentieri pubblichiamo un articolo scritto da Massimo Consoli il 30 ottobre 2005, nel 30esimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini.
Il 2 novembre ricorre (…) l’anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini. E’ inutile, in questa sede, tornare a spiegare perche’ fosse cosi’ importante per la cultura italiana: in questi giorni ci saranno giornali, trasmissioni radio e TV, e conferenze e dibattiti e iniziative varie che ve lo diranno molto meglio di come non sarei capace di farlo io stesso. Qui, voglio ricordare soltanto l’impatto che la sua scomparsa ha avuto sulla nostra comunita’, soprattutto il modo in cui e’ stato assassinato.
Pasolini e’ morto perche’ era gay.
In questo momento non e’ neppure importante perderci dietro le varie teorie su quell’omicidio: delitto di una marchetta che sperava di fare il colpo grosso, complotto politico per eliminare un personaggio pericoloso che sapeva troppo, legittima difesa da parte di un ragazzo che s’era visto aggredito e minacciato, azione di gruppo da parte di malavitosi che volevano vendicare uno sgarro. In ogni caso Pasolini e’ morto perche’ era gay. Fosse stato etero, neanche si sarebbe trovato all’Idroscalo di Ostia, un posto pericoloso ed equivoco abbandonato da dio e dagli uomini, a quell’ora di notte, in quella circostanza. E a me non sembra giusto che uno debba morire perche’ e’ gay, come non mi sembra giusto che nessuno debba morire, o soffrire,o essere discriminato perche’ e’ trans, e’ donna, e’ lesbica, e’ nero di pelle o professa una fede che non piace a chi comanda, o a chi ha in mano gli strumenti culturali adatti, o a chi cerca di scaricare sugli altri i propri problemi.
Pasolini e’ morto perche’ era gay.
Quando tutto e’ stato detto, rimane soltanto questa verita’ da capire, da interpretare. E non e’ giusto atteggiarsi a moralisti e sentenziare che non avrebbe dovuto rimorchiare un ragazzo a piazza della Repubblica e, soprattutto, non lo avrebbe dovuto portare in quel posto. Non e’ giusto perche’ la societa’ degli anni Settanta, molto piu’ della societa’ del nuovo millennio, non dava molte possibilita’ di scelta. Non si poteva esprimere liberamente la propria identita’, tanto meno si poteva dare soddisfazione alle proprie esigenze sessuali se non in maniera clandestina, al riparo da sguardi indiscreti, nascosti dai propri familiari, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa… Si era costretti a vivere la propria omosessualita’ nelle peggiori condizioni possibili, perfino dal punto di vista igienico (!), e tutto congiurava affinche’ il gay vivesse male e, soprattutto, morisse peggio. Pasolini e’ stato vittima di queste circostanze e, come lui, tanti altri gay piu’ anonimi, sconosciuti, la cui morte non ha fatto tanta sensazione ed e’ passata inosservata ai piu’. Pasolini e’ morto perche’ era gay, e proprio perche’ la sua scomparsa ci e’ sembrata cosi’ iniqua e immeritata e irragionevole, lo abbiamo scelto come simbolo dell’ingiustizia di questa societa’ nei nostri confronti. E questo e’ il motivo principale per il quale da 30 anni lo ricordiamo con tanta dedizione e partecipazione. Le nostre iniziative sono state numerose e di varia natura. Chi vuole saperne di piu’ ci puo’ richiedere l’elenco, che saremo ben lieti di inviare a parte. Ci piace ricordare che questo nostro impegno non e’ passato inosservato, e non sono stati pochi quelli che si sono accorti che il ricordo costante di Pier Paolo Pasolini nell’anniversario della sua morte e’ qualcosa che appartiene di diritto alla nostra comunita’, prima ancora che a chiunque altro.
di Massimo Consoli
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