L’immortale Peter Pan che ha fatto sognare tutti, etero e gay, è sepolto al Forest Lawn Cemetery di Los Angeles, accanto a un’altra leggenda assoluta: Walt Disney. Ma il vero epitaffio di Michael Jackson, il mito supremo che ha cambiato per sempre la musica mondiale, dando al termine ‘pop’ una connotazione che era anche scenografica – il suo modo di ballare, quella sublime passeggiata lunare così unica – è il film/concerto “This Is It” che arriva oggi nelle sale per sole due settimane, quasi a risarcimento tardivo di quell’ultimo concerto londinese mai realizzato all’Arena 02 di Londra.
Il testamento visivo di Jackson è il distillato di circa ottanta ore di prove adrenaliniche ed è stato definito dal regista Kenny Ortega “la storia di un maestro nel suo mestiere, un uomo che ha cercato di rendere il mondo un posto migliore”. “Uno dei due artisti che cambiarono il mondo” sostiene John Waters, accostandolo a un’altra iconissima degli anni ’80, l’adorato Boy George. All’anteprima americana, “This Is It” è stato accolto con favore: Kirk Honeycutt dell’Hollywood Reporter sostiene che “Jackson stava chiaramente preparando una serie di concerti spettacolari” mentre per Claudia Puig di "USA Today " "ti dà un senso dello show e un’idea della sua straordinaria capacità di intrattenere". I veri fan, con tanto di guanto-feticcio, hanno ovviamente assalito le sale dove si sono tenute le preview, da Los Angeles a Seoul, da Johannesburg a Berlino.
Gli scandali sulla sua morte misteriosa e il gossip sulla sua presunta omosessualità a questo punto poco importano: quell’efebica maschera inquieta, quell’alieno mercuriale che sfuggiva a ogni categoria sessuale, ossessionato dall’idea di rimanere a ogni costo in quella dimensione adolescenziale senza tempo che vide riflessa forse solo nei suoi figli, quel sogno l’ha raggiunto solo adesso: cristallizzandosi nel mito, morendo cinquantenne con un fisico, seppur devastato dai farmaci e dal ricorso a una chirurgia estetica reiterata ed estrema, da angelo senza età. Oppure da zombie, come quello del leggendario "Thriller", l’album più venduto di tutti i tempi.
Come dimenticare quel video profetico diretto magistralmente da John Landis (fu uno musicisti più adorato dai registi hollywoodiani: per lui lavorò pure Scorsese in "Bad"), in cui la danza macabra sulle lapidi scoperchiate divenne quasi un testo d’accademia dell’horror per gli appassionati di cinema.
Per i fan, sarà una vera manna: oltre a “Thriller” ci saranno tutti i superclassici: “Wanna Be Starting Something”, “Black or White”, “Man in the Mirror”, “Beat It”, “Smooth Criminal” e chi più ne ha più ne metta. Ma il sempiterno Jackson vivrà anche grazie ai suoi cloni vivi e vegeti, quali il sosia italiano Marco Ricci, che ha costruito una carriera sulla replicazione dell’arte di Jackson. E la sua arte non morirà mai.
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