E’ il grande interrogativo di questi mesi, quello che in tanti, dentro e fuori il Parlamento e soprattutto nella comunità lgbt italiana, si sono posti: quante speranze ha di passare il ddl Cirinnà nel parlamento più laico della storia della Repubblica Italiana a partire dal 26 gennaio quando tornerà in aula? E quanto rischio esiste soprattutto che venga affossato l’articolo 5 che contiene la stepchild adoption, dove i mal di pancia di senatori del Partito Democratico ma anche di altri gruppi, nel segreto dell’urna, possono farsi sentire, se la mediazione in atto da qui al 26 gennaio sarà vana?
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Al Senato ci sono dieci gruppi: tra i gruppi largamente favorevoli ci sono il Partito Democratico, i 5 stelle, i “verdiniani” raccolti nel gruppo “Alleanza Liberapopolare-Autonomie”, gli autonomisti di centro-sinistra del gruppo “Per le Autonomie” e il gruppo misto, dove sono raccolti i parlamentari di SEL, alcuni ex grillini ed alcuni ex democratici. Tra i gruppi largamente contrari spicca, oltre la Lega che pare compatta contro, Area Popolare (NCD ed UCD) e Forza Italia (nonostante l’ok di Berlusconi, di cui la deputata Maria Vittoria Brambilla ha parlato proprio a Gay.it in una intervista di un mese fa). Infine vi sono due gruppi più spaccati: i “Conservatori e Riformisti” (cioè i “fittiani”, seguaci dell’on. pugliese Fitto) ed infine il gruppo “Grandi Autonomie e Libertà (un grande contenitore dove i favorevoli in realtà non sembrano essere così tanti).
E poi: favorevoli a cosa? Perchè un conto, come sappiamo bene, sono le unioni civili, un altro è la stepchild adoption sulla quale una efficace campagna cattointegralista, aiutata da esponenti renziani, da giornali sulla carta progressisti (come Repubblica) e da parte del movimento femminista, ha fatto passare l’idea che sia non solo il “la” all’adozione gay in Italia, ma soprattutto all'”utero in affitto”.
Veniamo quindi ai numeri delle unioni civili. Abbiamo chiamato i nostri contatti nei vari gruppi del Senato, abbiamo cercato le dichiarazioni pubbliche di diversi esponenti politici, abbiamo fatto le nostre verifiche certosine. Ed eccoci quindi arrivati alla conclusione.
Sulla carta, il ddl Cirinnà nel suo complesso ha a suo favore circa 220 senatori dei 315 eletti, quindi il 70% dei voti. Tenendo conto delle percentuali di assenze storiche nei vari gruppi del Senato, che inevitabilmente inciderebbero sul voto finale, tale percentuale salirebbe addirittura al 72%: e sì, perché i gruppi con più assenze sono, grazie al cielo, quelli meno favorevoli alle nostre tematiche.
Per la stepchild il calcolo è più complesso, perché sono da registrare voti sicuramente favorevoli, voti sicuramente contrari ma anche voti incerti, tenendo conto che molto probabilmente il voto sul famigerato articolo 5 sarà a scrutinio segreto, proprio per dare piena libertà di coscienza a quei senatori che vogliono esprimere una propria contrarietà etica all’articolo, anche in dissenso con la linea del partito. E’ quindi evidente che, nel caso della votazione dell’articolo 5, le percentuali non potranno mai essere così straccianti come sul testo complessivo del ddl Cirinnà. Dei 112 senatori del Partito Democratico, ad esempio, abbiamo cautelativamente inserito 15 senatori sicuramente contrari e 15 incerti, mentre dei 5 Stelle ne abbiamo inseriti 2 contrari e 2 incerti (anche se fonti dei 5 stelle continuano a dirci che il voto contrario sarà al massimo uno solo). Ma la cautela non è mai troppa, in questi casi. Facendo le somme, pur con queste cautele, a favore della stepchild sarebbero comunque circa 170 parlamentari (circa il 54% dei senatori) che si aggiungerebbero ai 34 incerti ed ai 114 contrari. Tenendo conto delle percentuali di assenze storiche nei vari gruppi del Senato, che inevitabilmente inciderebbero sul voto finale, tale percentuale salirebbe al 55%.
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