Costrinse un suo allievo a scrivere "sono un deficiente" per cento volte perché si era reso responsabile di un atto di bullismo omofobo nei confronti di un compagno di scuola. Adesso, Giuseppa Valido, 59 anni e ormai in pensione, è stata condannata ad un mese di carcere per "abuso di mezzi di correzione". La pena, comunica l’avvocato della professoressa, è stata sospesa.
I fatti risalgono al 2006 quando un allievo della Valido aveva aggredito verbalmente un suo compagno dandogli del gay e impedendogli di entrare nel bagno dei maschi. "Non ti facciamo passare – aveva detto spalleggiato da altri il bullo – perché tu sei una femminuccia, un gay".
"Ho sentito poco fa la mia cliente – ha dichiarato l’avvocato Sergio Visconti -. Non se la sente di parlare. E’ sconfortata. Mi ha detto che le viene da piangere e non potrebbe affrontare in pubblico una discussione sulla vicenda che la vede protagonista. Non si dà pace. Si sente tradita dalle istituzioni che ha cercato di garantire anche insegnando ai ragazzi che non si devono discriminare gli altri. Mi ha detto – ha concluso – che forse alla luce della sentenza sarebbe stato meglio non intervenire".
Soddisfatto il padre dell’alunno bullo : "Ha avuto quello che si meritava (l’insegnante, ndr). Doveva pagare il conto. Dopo quella punizione sono stato costretto a portare mio figlio dalla psicologo".
In primo grado, per il quale si tenne un processo con il rito abbreviato nel 2007, la donna era stata assolta dal gup, ma pm e parte civie avevano presentato ricorso e adesso la Corte d’Appello, presieduta da Gaetano La Barbera, l’ha condannata ad un mese di reclusione.
Claudio Lo Bosco, presidente dell’associazione omosessuale palermitana Articolo Tre, esprimendo solidarietà all’insegnante, commenta: "E’ davvero triste apprendere che in Italia si possano subire insulti di stampo omofobo senza che chi li ha perpetrati possa essere punito, mentre chi ha cercato di fare capire al bambino che ha sbagliato che determinate cose non vanno fatte debba essere condannato con il carcere".
"La punizione inflitta all’insegnante di Palermo è paradossale – commenta Paolo Patané presidente nazionale di Arcigay – perché riconosce dignità all’omofobia. L’insegnante che ha difeso una vittima ha assolto al suo ruolo e giustamente punito un bullo con l’intenzione di fargli comprendere l’orrore generato dalla violenza, dalla sopraffazione e dalla denigrazione. Quell’ insegnante, come tutti gli insegnanti oggi, opera in un Paese privo di tutele e di leggi antidiscriminatorie per le persone gay, lesbiche e trans e in una scuola che non offre agli operatori culturali strumenti utili di prevenzione e contrasto al bullismo omofobo. Per evitare che le vittime continuino ad essere vittime e i carnefici carnefici, chiediamo ai giudici una riflessione più attenta e approfondita sull’omofobia e esprimiamo la nostra solidarietà all’insegnante".
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