Costrett* a chiudere i battenti in anticipo, a causa dei ripetuti episodi di violenza verbale e derisione da parte di alcun* avventor* eterosessuali: WhyNot, party LGBTQIA+ in svolgimento alla Class 125 di Arezzo dal 2019, ha dovuto gettare – almeno temporaneamente – la spugna.
Prima, lo stop temporaneo, annunciato sulla pagina Instagram dell’evento a inizio gennaio. Impossibilitat* a garantire un ambiente libero e sicuro per i partecipanti, volontari* ed organizzator* avevano inizialmente preso una pausa per riflettere sull’approccio giusto da adottare in casistiche simili.
Poi la doccia fredda.
“Comunichiamo che la sospensione temporanea della serata avvenuta lo scorso Gennaio è, almeno per questa stagione, definitiva. Non avendo trovato una soluzione efficace e non potendo dare le garanzie di poter abitare un luogo sicuro per le persone LGBTQIA+ la decisione non può essere altrimenti.”
Sono decine i commenti sotto l’ultimo post Instagram che annuncia la chiusura anticipata della dodicesima stagione del WhyNot. Per alcun*, la serata rappresentava uno dei pochi safe space disponibili dove potersi esprimere pienamente, senza pregiudizi. Altr* si scagliano contro l’omobitransfobia rampante nel nostro paese.
Lo stesso referente di WhyNot, nonché consigliere Chimera Arcobaleno Arcigay Arezzo, Gianni Redi, ha confermato che a partire dallo scorso autunno gli episodi si erano intensificati.
“È innegabile l’esistenza di un legame diretto tra l’aumento degli episodi di omobitransfobia e l’orientamento dell’attuale governo. Questo richiede una presa di coscienza collettiva, specialmente considerando che il contesto sociale ha subito trasformazioni profonde negli ultimi due anni, e purtroppo non in meglio.
Arezzo, ad esempio, sta affrontando tempi difficili: la presenza di baby gang nel centro, unitamente ad episodi di violenza diffusa, segnala un cambiamento radicale nel tessuto urbano e sociale. Una città un tempo accogliente ora sembra aver perso quella caratteristica, nonostante i progressi compiuti sotto altri aspetti.
A dimostrazione, persone che hanno chiaramente manifestato di non essere alleati della nostra comunità hanno scelto di venire a rovinarci la festa”.
Sta di fatto che, in un mondo già di per sé eteronormato, le identità LGBTQIA+ si trovano a dover far fronte a stigma e pregiudizio anche in quei luoghi appositamente pensati per loro. Ed a rendere la situazione ancora più desolante, è il fatto che la stragrande maggioranza dei “disturbatori” fosse giovanissima.
Tra battute, prese in giro e commenti fuori luogo, “bravi ragazzi e brave ragazze” dell’aretino prendevano di mira in particolare chi si distingueva di più, vuoi per vestiario o per esuberanza in pista. In molt* hanno preso la decisione di non partecipare più all’evento.
“L’elemento più preoccupante è la presenza di una nuova generazione che abbraccia un ideale di intolleranza. Si sta sviluppando, infatti, una consapevolezza distorta che permette di esercitare prevaricazione sugli altri senza temere conseguenze.
L’assenza di responsabilità nell’ideare e realizzare progetti di sensibilizzazione e rispetto delle differenze è un problema diffuso. Nessuno sembra impegnarsi in queste iniziative vitali, lasciando alle associazioni il compito di fungere da ultimi baluardi nella promozione della consapevolezza tra i giovani.
Questo compito, tuttavia, dovrebbe innanzitutto ricadere sulle istituzioni, che sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale sia nel contesto amministrativo che scolastico, ma anche all’interno del nucleo familiare. È errato pensare che gli esempi vengano sempre dall’esterno; la famiglia e la scuola giocano un ruolo fondamentale in questo senso.
Purtroppo, il quadro attuale evidenzia responsabilità e colpe politiche dalla destra alla sinistra”.
Il WhyNot però non intende arrendersi: l’obiettivo è quello di ripartire, più avanti, con una strategia mirata ad arginare episodi di questo tipo.
“Naturalmente, non intendiamo arrenderci né tantomeno abbiamo alzato bandiera bianca, come potrebbe sembrare. Il nostro obiettivo principale resta quello di riprendere le attività. La decisione di sospendere temporaneamente non equivale a una chiusura definitiva, ma piuttosto a un passo indietro necessario per valutare la situazione e trovare la giusta direzione da seguire.
La ragione principale di questa pausa deriva dalla difficoltà di gestire l’accesso in modo equo ed efficace. L’idea di selezionare le persone all’ingresso ci appariva come un giudizio preventivo, rischiando così di essere noi stessi discriminanti su criteri poco chiari e difficili da definire.
Questo senso di incertezza su come agire in modo corretto e immediato ci ha portato a concludere che la sospensione temporanea fosse l’unica soluzione praticabile in questo momento, in attesa di elaborare una strategia più adeguata.
Ad oggi, stiamo ancora lavorando per identificare una soluzione soddisfacente che ci permetta di riaprire in sicurezza e in linea con i nostri principi, anche se questa risposta non è ancora stata trovata”.
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