#CinemaSTop Speciale Togay: L’alma latina della drag cubana Viva emoziona il Festival

Convincenti interpretazioni nel palpitante melò dell’irlandese Paddy Breathnach. Gradevole e brioso il buddy movie tedesco Dove vai, Habibi?

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4 min. di lettura

Una ventata di ‘alma latina’, col suo caratteristico pathos sincero e prorompente, ha emozionato il pubblico del 31esimo Torino Gay & Lesbian Film Festival in corso al Cinema Massimo: è stato presentato ieri sera in competizione il palpitante melò Viva, ambientato a Cuba ma diretto da un irlandese, Paddy Breathnach. Ed è subito vitalità, ruspante e camp, che si respira tra i vicoli più poveri di un’ Havana colorata sempre in movimento, dove il diciottenne Jesus fa il parrucchiere a domicilio per signore piuttosto frollate ma sogna di fare la drag nel cabaret gestito dall’imperiosa Mama.

Viva 2La prima audizione non va bene, eppure Jesus è caparbio, sceglie il nome d’arte Viva visto sulla copertina di una rivista e piano piano conquista il pubblico con mises raffinate e una voce che arriva dritta dritta (d)al cuore. Ma quando ricompare il padre Angel che non vedeva da quindici anni, reduce da un periodo di galera, Jesus è costretto a occuparsi di lui in un appartamento fatiscente. Ma Angel è omofobo e violento, dilaniato dal sogno frustrato di realizzarsi come pugile, e Jesus dovrà scegliere tra le sue aspirazioni artistiche e il desiderio del padre che abbandoni per sempre il sogno di lavorare in drag.

Viva 3

Sono soprattutto le interpretazioni, convincenti nella loro autenticità, a colpire in Viva: il protagonista Héctor Medina si cala davvero con convinzione negli abiti glitter di un sogno drag. Ritroviamo anche un irriconoscibile Jorge Perugorria (ve lo ricordate nel cult gay Fragola e cioccolato?) perfetto nei suoi sottotoni a dar corpo al dolente padre Angel ferito nell’anima e colmo di pregiudizi nei confronti dell’omosessualità piuttosto appariscente di Jesus. E anche il côté en travesti non ha nulla di ridicolo o macchiettistico, con una gran prova di Luis Alberto Garcia che letteralmente si trasforma in una divina star in drag e consegna alla sua Mama tutta la ruvidezza e la forza di un bel personaggio, una sorta di ‘madre putativa’ per il talentuoso Jesus (quella vera è morta) pronta ad andare a casa sua a riprendersi il suo allievo prediletto e fronteggiare direttamente il padre padrone. Ma è soprattutto il rapporto fra Jesus e Angel a far vibrare corde emotive nel profondo, e la commovente scena madre dell’esibizione davanti al genitore ha fatto sgorgare qualche lacrimuccia fra gli spettatori. L’idea di Viva è nata a metà degli anni ’90, quando il regista frequentò vari drag club cubani: “Avevano un’energia emozionale selvaggia – ha dichiarato Breathnach al Los Angeles Timesle drag queen di Cuba sono diverse”.

VIVA, from left: Jorge Perugorria, Hector Medina, 2015. ©Magnolia Pictures

Viva è stato scelto dall’Irlanda come candidato all’Oscar per il miglior film straniero finendo nella prima selezione di nove titoli internazionali ma bucando la cinquina. Qui potrebbe ambire a un premio.

Wo willst du hin, Habibi 2È invece una commediuccia tedesca simpatica e briosa Wo willst du hin, Habibi? (Dove stai andando, Habibi?) di Tor Iben, la cui vera protagonista è la Berlino multiculturale del vitale quartiere di Kreutzberg dove il fascinoso Ibo (un carismatico Cem Alkan) s’innamora di un ladruncolo appassionato di wrestling, Ali (Martin Walde, puro testosterone nordicheggiante) che si professa etero ma non disdegna un rapporto orale dal nuovo amico con cui stringerà un’amicizia sempre più forte. Ma lo scorrevole buddy movie è soprattutto una riflessione accorata sull’omofobia ancora persistente nella pur integrata comunità turca: l’outing di Ibo da parte dell’odiosa sorella causerà il rifiuto da parte del padre che pagherebbe pur di vedere il figlio andare con una donna. Ma grazie anche alla complicità di una ricetta di gustose polpette svedesi, i malumori si distenderanno a favore di un’apertura verso la sessualità di Ibo che dovrebbe essere scontata “visto che abbiamo un sindaco e un ministro degli esteri gay (quindi è ambientata prima del 2013).

Wo willst du hin, HabibiIl regista ha spiegato in sala che ‘habibi’ significa sia ‘amico’ che ‘tesoro’, quindi rende bene il rapporto tra i due ragazzi. Il film è quasi un ‘no budget’, avendo avuto pochi finanziamenti. Ma ha una sua gradevolezza e per fortuna riesce a evitare certe altere grigiosità tipiche del cinema tedesco.

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