A fine gennaio, nei giorni della merla, i più freddi dell’anno, dalle parti di Borgo Nuovo, il quartiere neoclassico che si affaccia sul Po, la nebbia torinese copre misteri. E’ un mare lattiginoso, uno spazio ovattato nel quale si compiono delitti e vendette, si cerca di far tornare vecchi conti, si trama, maturano rancori. E attraverso la nebbia, come lampi, la verità poco a poco viene a galla. Due giorni fra una prima di "Traviata" al Teatro Regio e un funerale importante: c’è una donna che fa perdere le proprie tracce, una preziosa collezione di antichi disegni che scompare. E’ scandito lungo queste 48 ore "Lampi nella nebbia", il nuovo romanzo di Gianni Farinetti, pubblicato da Marsilio, ambientato interamente a Torino, con appena qualche scena parigina.
In un "Un delitto fatto in casa", del 1996, Farinetti aveva raccontato la ricca borghesia di provincia fra Bra e la Costa Azzurra, mettendone ridicolmente in risalto tic e manie, costruendo un giallo dove alla fine clamorosamente i conti tornavano tutti in un gioioso happy end. Nell’"Isola che brucia", del 1997, l’attenzione era centrata su un altro gruppo di persone colte in una vacanza a Stromboli, con molto meno voglia di scherzare. Ora la città con i suoi palazzi neoclassici, entra da protagonista in questo libro ancor più pessimista, con grandi borghesi al centro e certi immancabili esilaranti personaggi del demi monde di contorno. Dove amori etero e omo convivono, dove il dolore per la perdita, il lutto, tocca una coppia omosessuale e una eterosessuale. E’ affascinante la rete di affetti, amicizie, parentele che Farinetti è riuscito a intessere in questi tre romanzi. E ad ogni nuova tappa sa puntare l’obiettivo su un punto, un nodo di questa rete, portando al centro della scena personaggi prima lasciati al margine.
"Al terzo romanzo – spiega Farinetti – volevo affrontare la città in cui vivo da quasi sempre. Con una scommessa. Perché Torino è un luogo inafferrabile e difficile, per quanto letteraria e cinematografica, dove sono stati ambientati "noir" importanti come "La donna della domenica". La scommessa era tentare una Torino inedita, borghese, notturna e nebbiosa, invernale, profondamente cittadina come è a gennaio con i suoi riti, le prime al Regio".
Con molta attenzione a un punto preciso di Torino, la zona fra i giardini Cavour, via Calandra, via Mazzini: "Il gioco era partire dalla città, poi ho scelto un quartiere, una piazza, una casa, una stanza. Uno zoom su un grande appartamento neoclassico. Lasciato vuoto dalla persona che è morta prima dell’inizio del romanzo e il cui funerale è il fulcro del racconto" .
E’ centrale nel romanzo, un gruppo di omosessuali maturi e anziani, pieni di saggezza e rimpianti per la giovinezza. Il defunto di cui si celebra il funerale è uno di loro. Nei sopravvissuti si sono voluti riconoscere personaggi reali della Torino bene. Chi è per esempio il conte Zeno di Lauriano, è vero che nasconde un coltissimo e ricchissimo anziano omosessuale torinese?
"Potessi risponderei volentieri, ma non è possibile, perché ogni mio personaggio è un collage di tante persone reali. Non mi rifaccio mai a una persona specifica".
Torino qui è compresa nel quadrilatero di Borgo Nuovo, quartiere borghese per eccellenza dove abita pure lei.
"Borgo Nuovo è vissuto in modo borghese, è vero, ma trasversalmente, nella mia casa ci sono le contesse, ma anche il meglio spaccio della città".
Foto di Guido Schlinkert
di Sergio Trombetta
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.