King Richard, la recensione. Nascita del mito chiamato sorelle Williams

Will Smith punta agli Oscar nell'interpretare il padre padrone di Venus e Serena Williams, stelle del tennis mondiale co-protagoniste di un'emozionante biopic sportivo.

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Per quasi 20 anni il tennis mondiale è stato dominato e segnato da due sorelle, nere, nate nei bassifondi della California, costrette da un padre padrone a praticare uno sport fino a quel momento pensato per ricchi bianchi. Venus e Serena Williams. Quel padre padrone, a lungo in bilico tra l’essere considerato un genio o un ciarlatano, si chiama Richard Williams e la sua storia è ora diventata biopic prodotto e interpretato da un Will Smith che vede all’orizzonte la sua 3a candidatura agli Oscar, a 20 anni esatti dalla prima targata Alì di Michael Mann.

Una famiglia vincente – King Richard arriva nelle sale d’Italia il 13 gennaio 2022 con Warner Bros, lo sconosciuto e fino ad oggi indipendente Reinaldo Marcus Green alla regia e l’ancor più sconosciuto Zach Baylin allo script. D’altronde la storia delle sorelle Williams è ampiamente conosciuta da tutti gli appassionati di tennis, per quanto incredibile.

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Papà Richard pianificò la loro carriera da campionesse mondiali ancor prima di vederle nascere. Il piano di quest’uomo imperterrito era quello di travolgere il mondo con due atlete straordinarie, cambiando la storia del tennis. Spinto da una chiara visione del loro futuro, e utilizzando metodi a dir poco non convenzionali, Richard portò Venus e Serena Williams dalle pericolose e malfamate strade di Compton, in California, al tetto del mondo. Per riuscire nell’impresa sfidò tutto e tutti, lavorando giorno e notte insieme a sua moglie per mantenere 5 figlie ammassate in una piccola cameretta e permettere alle ultime due di entrare nella leggenda. Nessuno voleva allenare due bambine nere, nessuno voleva credere agli apparenti deliri di un uomo che andava in giro a raccontare di avere tra le mani due future campionesse, “due Mozart”, chiedendo lezioni gratuite a coach ricchi e strapagati. Eppure tutto ciò che ha predetto il pazzo Richard Williams, si è poi avverato…

Un dramma sportivo tutto centrato sulla perseveranza, sul potere della famiglia, sulla possibilità di agguantare l’impossibile, sulla forza di volontà nel tramutare i sogni in realtà, sulla fiducia in se stessi e sull’amore tra sorelle, amiche in campo anche da nemiche. Dopo quasi 15 anni di interpretazioni oggettivamente mediocri, Will Smith si concede un ruolo da applausi, interpretando quest’uomo accecato dal proprio ego, maledettamente testardo, fermo nelle proprie folli convinzioni, in grado di scommettere un’intera esistenza famigliare sulle ultime due figlie di casa, cresciute a pane e racchette. Perché Venus prima e Serena dopo hanno cambiato la storia dello sport, in quanto prime e ad oggi uniche donne afroamericane a conquistare il primato WTA. 7 slam per Venus, la Venere Nera. 23 per Serena, The Queen, la più grande di tutte.

Ma Reinaldo Marcus Green e Zach Baylin non guardano ai trionfi dai più conosciuti, puntando alla genesi del mito, alla costruzione di un’impresa, alla nascita dell’epocale Circo Williams. Perché in un campaccio di periferia di cemento Richard Williams plasmò due macchine da guerra, pomeriggio dopo pomeriggio, sfidando i bulli di strada, l’invidia sociale dei vicini, il razzismo endemico a stelle e strisce che nei primi anni ’90 trovava inimmaginabile vedere una ragazzina nera giocare a tennis. Nel momento in cui Venus inizia a vincere i primi tornei juniores, Richard decide di non farle più fare neanche una gara ufficiale. Il perchè é sotto gli occhi di tutti. Jennifer Capriati, esplosa a 15 anni appena e già milionaria, a 18 anni finisce in galera, si ritira, devastata dallo stress. La gigantesca pressione mediatica, i contratti monster, i genitori sanguisughe che sfogano le proprie frustazioni sui figli sommergendoli di responsabilità, rovinano giovani vite. E Richard non vuole questo per le sue principesse, per quanto mai nessun tennista di successo abbia mai evitato i tornei juniores, Richard osa l’inosabile.

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Poi nel 1994, dinanzi a Venus che scalpita per tornare in campo dopo 3 anni di inattività, il tennis mondiale si catapulta a Oakland dove una 14enne mai vista prima in televisione sfida la numero uno del mondo Arantxa Sanchez Vicario, vincitrice di tre slam. Ciò che accadrà poco dopo sul campo  rappresenta la nascita di un mito. Nove mesi dopo Venus firma un contratto da 12 milioni di dollari con la Rebook, dopo averne rifiutato uno da 3 milioni con la Nike ancor prima di giocare la sua prima partita da professionista. L’immagine di una Venere Nera sul campo da tennis è dirompente, rivoluzionaria, spalancando le porte di un intero sport ad una comunità e ad un’esercito di ragazzine che mai aveva neanche lontanamente immaginato di potercisi avvicinare. Game, set, match, a vincere per una volta è l’inclusione, la rappresentanza che abbatte un muro a lungo rimasto in piedi.

Edulcorata come solo Hollywood sa fare, la storia delle sorelle Williams non poteva che diventare biopic, con Richard Williams probabilmente smussato ma comunque incapace di farsi amare, per quanto detestabile eroe dietro il mito. La trasformazione fisica di Smith è impressionante. Imbruttito, curvo, storto nella postura, il suo King Richard è sconcertante e al tempo stresso ipnotico, perché personaggio deprecabile, che ha cresciuto due bambine alimentandole con un’ossessione chiamata successo. Se da una parte ricordava loro che dovevano pensare unicamente a divertirsi e a rimanere umili, obbligandole ad una profonda educazione scolastica, dall’altra non passava giornata senza assillarle, pennellando trionfi futuri, campi di Wimbledon sbancati, primati abbracciati. Protettivo eppure asfissiante, il Richard di Smith spiazza perché in grado di conquistare, con una fenomenale Aunjanue Ellis in grado di fargli ombra negli abiti della mamma delle ragazze, Oracene “Brandi” Williams. A completare il cast Saniyaa Sidney nei panni di Venus Williams, Demi Singleton in quelli di Serena, Tony Goldwyn negli abiti dell’allenatore Paul Cohen e Jon Bernthal in quelli dell’allenatore Rick Macci, che ha atteso anni per intascare i ricchi frutti del proprio lavoro.

Brillante nella scrittura, King Richard è il sogno americano che torna prepotentemente sul grande schermo attraverso la metafora del successo sportivo, del riscatto sociale, con il raggiungimento dell’impossibile che diventa realtà, con al centro dell’intero progetto un uomo imperfetto, complicato, feroce, affiancato da una donna tutta d’un pezzo, mai silente, pronta a tutto pur di difendere le proprie figlie.    Registicamente parlando classico nella struttura,  King Richard guarda ad una comunità che fino a 25 anni fa doveva necessariamente puntare ad altri campi, vedi il parquet del basket, per ambire al successo, scappando dalle violenze della polizia,  dal razzismo quotidiano e dalla criminalità di strada. Poi dal nulla sono arrivate due sorelle talentuose, affamate, rabbiose, sorridenti, eleganti, gigantesche, potenti, indistruttibili, competitive. E nulla è stato più come prima.

Voto: 7

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