Giorgio Minisini contro gli stereotipi: perché essere maschio alfa, quando puoi stare bene? – L’intervista

Il campione di nuoto sincronizzato ci ha raccontato come ha messo da parte i pregiudizi per seguire le sue ambizioni. Tra sudoku prima delle gare e un ambiente sportivo sempre più inclusivo.

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Giorgio Minisini non è solo un altro campione.

Classe 1996, ha iniziato a praticare nuoto sincronizzato per gioco quando aveva sei anni, insieme al fratello, il cugino e altri quattro ragazzi. Quando è rimasto l’unico maschio, negli anni si è accorto che un ragazzo in una squadra di sole ragazze attira l’attenzione più del dovuto. Dai bulli delle medie che ti chiamano automaticamente ‘gay’, alla stampa nazionale che negli anni successivi ti rinomina ‘sincronetto’, Minisini ha sempre sentito la pressione di dover dimostrare qualcosa: che sia la sua sessualità o quei noiosi ma intramontabili stereotipi che vorrebbero gli uomini, in particolare se eterosessuali e sportivi, dei ‘maschi alfa’.

 

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Oggi è vincitore di sei medaglie mondiali e quattro europee, e recentemente medaglia d’oro nel solo libero del nuoto artistico maschile ai Mondiali di Doha (a sole 24 ore di distanza dalla medaglia d’argento). Ma sopra o fuori dal podio, Giorgio Minisini vuole continuare a cambiare la narrazione: ha scritto  ‘Il Maschio’, libro che è sia una lettera d’amore a sé stesso che a  tutte le persone che vogliono rincorrere i propri sogni, senza piegarsi ai retaggi culturali di un sistema che vuole i maschi in un modo e le femmine in un altro. È anche uno dei volti di “Non è da maschio”, campagna di Inspiring Girls Italia che invita le nuove generazioni a sfidare gli stereotipi di genere e seguire la strada meno ‘comoda’, indipendentemente da quello che la società si aspetterebbe da noi.

Nella nostra intervista ci ha svelat  il “segreto” del nuoto sincronizzato che ormai sanno tuttə,  l’escamotage per tenere a  bada l’ansia da prestazione, e perché usare ‘gay’ come insulto non ha mai avuto nessun senso.

Mi dici il migliore e peggiore consiglio ricevuto durante la tua carriera agonistica?

GM: Non penso di aver ricevuto mai cattivi consigli ma perché pensano che non esistano cattivi consigli. Alla fine alcune cose funzionano per alcune persone, e meno per altre. Si tratta solo di testare e vedere cosa funziona per noi. Nella mia esperienza è tornato utile pensare di meno quando si va in gara, e riuscire ad imparare dai propri errori e sconfitte.

I premi ti fanno sentire più sicuro di te o alimentano la pressione a ‘fare sempre meglio’?

GM: I premi durano il tempo che durano. Si è campioni del mondo fino al momento in cui non si scende dal podio, poi si ricomincia ad essere atleti come gli altri. Sono sicuramente uno stimolo e un riconoscimento gradito, però non devono segnarci o influenzarci più del dovuto.

Hai ansia prima di una gara? Se sì, cosa fai per calmarti? Se no, cos’altro provi?

GM: Ovviamente sì, l’ansia prima della gara c’è sempre. Qualsiasi sia il livello o il numero di gare fatte. Come dicevo prima, la mia strategia è  pensarci il meno possibile. Ad esempio, a questi ultimi mondiali ho scoperto che fare sudoku e cruciverba mi aiuta molto. E in generale ritardare il più possibile il coinvolgimento mentale per non affaticarsi troppo.

Nella vita si sta meglio dentro o fuori dall’acqua?

GM: Sono due vite diverse. Tendenzialmente la vita acquatica è associata alla fatica, quindi al momento ti direi che il mio corpo preferisce la vita sulla terra.

Mi dici un “segreto” sul nuoto sincronizzato o semplicemente un aspetto/dettaglio di questo sport di cui nessuno parla mai?

GM: Penso che sono rimasti pochi i segreti non conosciuti del nuoto sincronizzato perché se ne sta parlando sempre di più. Ma credo sia divertente che la maggior parte di noi non usa lo spogliatoio perché c’è sempre poco tempo e non lo si vuole perdere andando e tornando. Ormai abbiamo imparato tutti l’arte di cambiarci dentro un asciugamano.

Se nei momenti di difficoltà potessi rivolgerti ad un campione o campionessa nella storia dello sport, a chi chiederesti consiglio?

GM: Sicuramente Michael Jordan. Soprattutto dopo aver visto la sua serie The Last Dance emerge una personalità molto forte per lo sport  agonistico. Un altro atleta di cui ho provato forte stima è Pietro Mennea, ma purtroppo non posso chiedergli nessun consiglio.

Senti che l’ambiente agonistico è diventato più inclusivo e open minded negli anni? Se sì, in che modo? Se no, quali step in avanti andrebbero fatti?

GM: Assolutamente sì. L’ambiente agonistico, come altri, ha riconosciuto di avere problemi e mancanze e sta provando a colmarle. Lo vedo molto nel mio sport, nei ragazzi che praticano questa disciplina che a differenza della mia esperienza alla loro età, stanno vivendo una carriera dove concentrarsi solo sulla prestazione, senza dover dimostrare di meritarsi quel posto per motivi che non c’entrano nulla. Oggi possono finalmente solo gareggiare al loro meglio.

Che consiglio daresti a ragazz* che come te vogliono fare nuoto sincronizzato, o qualunque altro sport, ma risentono il peso degli stereotipi o dei soliti pregiudizi?

GM: Dalla mia esperienza io ho capito che giudizi, pregiudizi, e stereotipi ci saranno sempre e ci sarà sempre qualcosa per cui potremmo essere attaccati o attaccatili. La cosa migliore che possiamo fare è concentrarci su come ci fa sentire quello che facciamo  e l’idea di sognare un futuro in quell’attività, e ancorarci a quello. È la sensazione con cui andiamo a dormire la sera, e alla fine i conti li facciamo sempre con noi stessi. Se i conti con noi stessi sono a posto, non voglio dire che diventa più facile, ma possiamo affrontare più serenamente anche le difficoltà.

 

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È il 2024, ma alcuni uomini etero ancora pensano di usare ‘gay’ come insulto. Se ti ri-succedesse oggi, con la consapevolezza che hai maturato, che risponderesti?

GM: La cosa che mi viene da rispondere, e che fortunatamente ho imparato molto presto, è: anche se fosse, che problema c’è? È un retaggio culturale ormai stantio, e penso dica molto più della persona che utilizza quell’orientamento sessuale come insulto, rispetto a chi lo riceve.

Hai mai più rincontrato i tuoi bulli? Cosa pensi di loro oggi?

GM: Non ho avuto modo di incontrarli. Diciamo che non ne ho nemmeno mai sentito l’interesse o il bisogno di una rivalsa. Il problema principale all’epoca rimaneva risolvere la serenità con me stesso, dopo di che non ho problemi a pensare che c’è qualcuno in disaccordo con quello che faccio o con la mia idea di mondo. Faranno la loro vita, e io farò la mia.

Al te stesso adolescente invece cosa diresti?

GM: Probabilmente gli direi di porsi un po’ meno domande su quanto sia giusto o sbagliato ciò che stava facendo. Ma concentrarsi sulla spinta che gli dava seguire proprie ambizioni. Continuare a avorare per soddisfare i propri obiettivi e non le pretese o le aspettative della gente.

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