Monica Cirinnà: “Ora lottate con me per adozioni e matrimonio egualitario”

"Una legge contro l'omofobia è necessaria e questo Parlamento ci ha lavorato molto ma, purtroppo, non si è ancora riusciti a giungere ad un testo soddisfacente".

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Se c’è una donna alla quale tutti gli italiani dovrebbero dire grazie è senza dubbio la Senatrice Monica Cirinnà. L’Onorevole, nata a Roma cinquantaquattro anni fa, laureata in Giurisprudenza, appassionata di vite, animali, ambiente e sentimenti, è stata prima firmataria e relatrice della legge sulle unioni civili che oggi porta il suo nome, ma anche volto e cuore.

Oggi, a un anno e cinque mesi da quello storico 11 maggio, la donna che ha cambiato il destino e la vita di tante persone, arriva nelle librerie italiane con “L’Italia che non c’era – Unioni Civili: la dura battaglia per una legge storica”, una sorta di testamento scritto dove la Senatrice ripercorre accordi, tradimenti, voltafaccia e inciuci di una lotta durata due anni e mezzo.

Cosa l’ha spinta a raccontare tutti i retroscena e dettagli della legge che porta il suo nome?

Enrico Berlinguer sosteneva che la ‘verità è sempre rivoluzionaria’ e lo credo anche io. Ho pensato che fosse giusto raccontare cosa è successo in quei due anni e mezzo, attraverso i quali siamo riusciti a far fare un passo in avanti storico al nostro Paese nel campo dei diritti civili. In tanti hanno lavorato contro la legge e in molti invece l’hanno voluta. Credo che sia più che giusto non dimenticarlo. 

Ad oggi, ha ricevuto più affetto o più contestazioni?

Di contestazioni e offese nel corso dell’iter della legge ne ho ricevute tante, ma nulla a confronto alle manifestazioni di solidarietà ed affetto. Sapevo che stavo lavorando ad una legge che avrebbe portato diritti e felicità in tante coppie e famiglie, e così è stato. I messaggi di affetto mi hanno riempito il cuore e dato forza a proseguire nel mio lavoro.

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Quando parlano di flop, viste le poche unioni celebrate, come si sente?

Poche unioni? Le cifre, sinceramente, dicono esattamente il contrario! Ad oggi siamo oltre le 3500 unioni civili in tutta Italia. Altro che flop! I diritti non si vendono un tanto al chilo e quindi anche l’inclusione nell’ordinamento giuridico di una sola persona è un risultato positivo. 

E quando alcuni appartenenti al mondo omosessuale criticano una legge come questa, cosa pensa?

Nel corso della discussione e dell’approvazione della legge c’è stato anche chi, dall’interno del movimento LGBTQ, ha sollevato critiche e perplessità. Io ho sempre spiegato che la mia legge ideale era quella per l’estensione del matrimonio egualitario, un traguardo che ora bisogna raggiungere, ma che era fondamentale, intanto, assicurare la pienezza dei diritti alle coppie same-sex. Sapevo di avere ragione e lo dimostra il fatto che anche molti di coloro che avevano sollevato delle obiezioni, a legge approvata, hanno poi, giustamente e felicemente, celebrato la loro unione civile. 

Se dovesse fare una previsione, pensa che entro il 2023 si potrà parlare di matrimonio egualitario?

Me lo auguro! È necessario che nel prossimo Parlamento chi crede nei diritti sia ampiamente rappresentato per poter portare a compimento questa riforma. Sogno un nuovo Parlamento più laico, con tante donne e tanti giovani.

E di adozioni?

La riforma delle adozioni in Italia è indispensabile. Occorrono procedure più snelle, che tutelino i minori e la loro serenità, permettendo l’accesso all’adozione anche alle coppie conviventi, a quelle omosessuali e ai single.

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Vista la cronaca, pensa che per una legge contro l’omofobia ci vorrà ancora molto?

Una legge contro l’omofobia è necessaria e questo Parlamento ci ha lavorato come mai era successo in passato ma, purtroppo, non si è ancora riusciti a giungere ad un testo soddisfacente. Ecco un altro impegno necessario per la prossima legislatura, sono troppi i casi che ancora dobbiamo leggere dalle cronache. Di positivo c’è che oggi c’è sempre meno paura a denunciare e, quindi, anche a punire i colpevoli con gli strumenti attualmente a disposizione.

Dei pregiudizi sulla GPA, invece, che idea si è fatta?

Io sono cresciuta nel movimento femminista e mi meraviglia molto sentire che c’è chi non riconosce più l’autodeterminazione della donna. Penso che serva un dibattito aperto e schietto, fuori dai pregiudizi. Un ‘no’ netto allo sfruttamento delle donne, ma ‘sì’ a un’attenzione per quelle realtà dove la maternità surrogata è regolamentata in modo limpido e tutelato. Credo che un atto di generosità e d’amore necessiti una riflessione profonda. La GPA in Italia è e resta vietata, ma dobbiamo pensare a tutelare i bambini di tante coppie, per il 95% eterosessuali sterili, che ricorrono a questa pratica recandosi all’estero.

Cosa pensa dei militanti del Movimento 5 Stelle che, nonostante le sue confessioni, continuano a credere nel Partito di Beppe Grillo?

Cosa penso del M5S l’ho scritto chiaramente nelle pagine del libro! Sono stati dei traditori; si sono piegati ai diktat venuti dalla Casaleggio, alla faccia de “l’uno vale uno”. Purtroppo non vedo alcuna crescita di una coscienza politica nel Movimento, ma, anzi, un’involuzione della democrazia interna, elemento fondamentale e indispensabile nella vita di tutti i partiti.

Qualche mese fa ha detto: “Renzi è stato un pessimo segretario ed un buon capo di governo. Sul partito, invece, ha lavorato male.“ Si è pentita di quest’affermazione?

Io dico sempre ciò che penso, forse in maniera un po’ troppo schietta. Renzi è stato un presidente del Consiglio coraggioso come mai avevo visto. Da segretario, invece, ha stentato a saper gestire la vita interna al Partito, ma mi sembra che ha iniziato a capire che forse c’era qualcosa da cambiare. Sono ottimista e fiduciosa nel mio segretario.

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Se non fosse un politico e se fosse un cittadino gay, alle prossime elezioni, chi voterebbe?

La risposta è troppo semplice, non trova?

Ora la sua battaglia è per lo Ius Soli. Possiamo chiederle cosa prevede?

Una cosa elementare: i bambini stranieri, nati in Italia, che già vivono, studiano e giocano con i nostri figli, che parlano la nostra lingua perfettamente, spesso anche in dialetto, e che si sentono italiani, devono avere gli stessi diritti di cittadinanza dei loro coetanei. 

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