Tunisia: archiviato il caso dell’attivista arrestato per “atti omosessuali” nel 2015

La lenta svolta della Tunisia verso un atteggiamento più tollerante verso la comunità LGBTQIA+.

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Un tribunale della Tunisia ha finalmente archiviato il lungo e ormai celebre caso contro un attivista per i diritti LGBTQIA+ che rischiava il carcere per presunti “atti omosessuali”.

La corte d’appello della città di Kairouan ha stabilito che il caso contro “Daniel” – nome di fantasia per preservare la privacy dell’accusato – è nullo, secondo quanto riportato dal gruppo per i diritti Damj.

Si tratta di un’importante vittoria per la comunità LGBTQIA+ tunisina e per i gruppi di difesa dei diritti civili che si sono battuti per Daniel sin dall’inizio del suo caso, più di due anni fa.

Il portavoce del tribunale, Riadh Ben Halima, ha confermato l’archiviazione, affermando che il caso stesso si basa su irregolarità procedurali dovute al fatto che la polizia ha perquisito il computer di Daniel senza un mandato.

La perquisizione ha violato le leggi tunisine che tutelano la privacy, il che ha dato alla corte la possibilità d’impugnare il caso.

Gli attivisti confermano che la conclusione favorevole di questa vicenda evidenzia una sottile, ma crescente ondata di tolleranza verso la comunità LGBTQIA+ nel paese – nonostante qui la situazione rimanga ancora molto precaria.

L’archiviazione del caso è però soprattutto dovuta a una campagna globale da parte di organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e di associazioni locali, che da tempo si battono per una maggiore tolleranza e accettazione all’interno della società tunisina nei confronti delle persone non eterosessuali.

È una vittoria soprattutto per Daniel, ma anche per tutti coloro che ancora oggi devono vivere nell’ombra e nella paura” ha scritto in una dichiarazione Damj, ONG per i diritti della comunità LGBTQIA+ in Tunisia.

Questa sentenza costituisce un importante precedente per casi simili in altre parti della Tunisia, dove gli atti omosessuali sono ancora considerati illegali nonostante i recenti progressi sociali e il cambio di rotta dell’opinione pubblica verso la comunità LGBTQIA+.

Questa sentenza è considerata un importante punto di svolta in quella che è stata una lunga lotta contro la discriminazione istituzionalizzata nei confronti dei membri della comunità LGBTQIA+ tunisina, e che molti sperano possa aprire la strada a una maggiore accettazione in futuro.

Il caso di Daniel: in Tunisia, l’omosessualità è ancora illegale

Daniel, attivista per i diritti LGBTQIA+ in Tunisia, è stato arrestato per atti omosessuali nel 2015 e condannato a tre anni di carcere. La pena è stata poi ridotta a 40 giorni dopo un primo appello, ma il caso è stato rinviato per un altro appello dalla Corte di Cassazione della Tunisia nel 2018.

A quel tempo, cinque degli altri uomini arrestati insieme a Daniel erano già riusciti a fuggire all’estero e a chiedere asilo, ma Daniel era rimasto in Tunisia. Nel dicembre 2019 è stato riportato in tribunale a Kairouan – una delle città più conservatrici del Paese – dove una trentina di manifestanti si erano radunati fuori dal palazzo di giustizia.

Il caso legale contro Daniel ha puntato i riflettori sull’emarginazione subita dalle persone LGBTQIA+ che vivono in Tunisia. La nazione nordafricana criminalizza ancora le relazioni omosessuali e non esiste un riconoscimento ufficiale dei diritti civili delle persone LGBTQIA+.

Daniel ha attirato l’attenzione delle autorità essendo un convinto sostenitore del riconoscimento e della tutela dei diritti delle persone queer che vivono in Tunisia. Si è anche espresso a favore della depenalizzazione dell’omosessualità, della fine della violenza nei confronti delle persone queer e del riconoscimento legale delle relazioni omosessuali.

È intervenuto in diverse conferenze internazionali sui diritti delle persone LGBTQIA+ e la sua storia ha ottenuto una notevole attenzione da parte dei media di tutto il mondo.

Nonostante ciò, le autorità tunisine non hanno ancora preso provvedimenti per l’abrogazione dell’articolo 230 del codice penale, che criminalizza l’omosessualità con pene severe, tra cui multe e pene detentive fino a 3 anni – una legge che ancora oggi viene usata contro molte persone omosessuali in tutto il Paese.

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