Tre anni fa il regista messicano di origini catalane Amat Escalante vinse l’ambito per la miglior regia a Cannes con Heli, disturbante e violentissimo dramma con scena shock di torture a genitali maschili dati persino alle fiamme (l’avevamo recensito qui).
Col suo quarto film, La región salvaje (La regione selvaggia), Escalante è per la prima volta in concorso al Lido e non ha certo lasciato indifferente la platea veneziana. Si tratta di una sorta di inclassificabile cineufo tra dramma famigliare, horror e fantascienza visionaria in cui un meteorite si scaglia nei pressi di Guanajuato, capitale di uno degli stati più conservatori del Messico.
Qui abita la famiglia dell’apparentemente quieto Angel (Jesus Meza). Pur apparendo un marito fedele, padre amorevole di due bimbi, Angel tradisce la moglie Alejandra (Ruth Ramos) col fratello di lei, Fabian (Eden Villavicencio), infermiere nell’ospedale locale (c’è anche una scena esplicita di sodomizzazione in primo piano). Una donna misteriosa, Veronica (Simone Bucio), irrompe nella loro vita svelando l’esistenza di qualcosa di sovrannaturale nascosto in una capanna nel bosco, in grado di risolvere i loro problemi. Si scoprirà essere una sorta di alieno tentacolare capace di soddisfare i più sfrenati istinti sessuali di uomini e donne (persino animali, visto che non manca l’orgia bestiale con serpenti e tartarughe). Ma la creatura pretende una sottomissione rituale, e le conseguenze saranno devastanti. Firma la direzione della fotografia l’ottimo cileno Manuel Alberto Claro, già autore delle luci di Nymphomaniac e Melancholia.
“Il film – ha spiegato il regista – è una visione della lotta per conquistare l’indipendenza da parte di una giovane donna nata e cresciuta in una cultura fortemente maschilista, misogina e omofobica. L’ispirazione e le idee di questo progetto mi sono venute quando, nella mia città di Guanajuato, in Messico, ho letto un titolo di giornale che diceva: ‘Hanno annegato un frocetto’. Si trattava di un infermiere che lavorava in un ospedale pubblico e, sebbene avesse dedicato la vita a servire la gente, veniva ricordato ai lettori del giornale soltanto come un ‘frocetto’. Questo titolo è all’origine di La regione selvaggia. Alla storia ho aggiunto l’aspetto fantastico/ horror di una creatura per dare una rappresentazione simbolica dell’ambigua complessità dell’Es, fonte delle nostre necessità corporali, delle nostre esigenze, desideri e impulsi, soprattutto delle nostre pulsioni sessuali e aggressive”.
“Ho girato gran parte dei miei film a Guanajuato – continua Escalante – , dove sono cresciuto e ho vissuto quasi tutta l’esistenza. So quanto sia conservatrice l’area, attaccata a valori e a tradizioni cristiane che rendono la città la più cattolica del Messico. Cerco però di non giudicare le azioni dei miei personaggi: ognuno può essere considerato vittima delle circostanze. Anche chi sembra cattivo, è solo spaventato di confrontarsi con il proprio io […] Amo molto l’ambiguità. Mi piace raccontare le situazioni attraverso il mistero. Tuttavia chi conosce il mio cinema può riconoscervi alcuni degli aspetti che più mi interessano: l’ingiustizia, le diseguaglianza, il machismo, il rifiuto delle diversità”.
La región salvaje non ha ancora una distribuzione italiana.
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