«I colpevoli sono altri e chi deve saperlo lo sa. Avevano deciso di incastrarmi». Così continua a difendersi Giuseppe Gillone, 72 anni, ex sarto, da ieri di nuovo in carcere dopo un periodo di cura in ospedale, per finire di scontare la pena a vent’anni che gli è stata inflitta per l’omicidio, conseguente a un macabro gioco erotico del barbone Vito Milani.
Secondo la ricostruzione, l’ex-sarto avrebbe infierito sul Milani, che si prostituiva per racimolare di che vivere, mutilandolo in maniera orrenda: il cadavere del poveretto fu ritrovato il 25 gennaio del 1998, in una cantina di uno stabile di via Maria Ausiliatrice a Torino con le gambe amputate e affettate, un braccio quasi completamente amputato, e gli organi genitali amputati e rinchiusi in una busta con un tubetto di Aerosol che avrebbe molto aiutato gli inquirenti a incastrare Gillone. L’efferatezza del delitto rende però improbabile che Gillone abbia potuto agire da solo, ma egli, che si professa innocente, non ha mai offerto agli investigatori alcuna collaborazione.
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