Un nuovo report internazionale ha certificato un picco allarmante nel numero di arresti e procedimenti giudiziari nei confronti delle persone LBTQIA+ nel corso di questo 2023. Rispetto agli anni precedenti, l’ILGA (The International Lesbian, Gay Bisexual, Trans, and Intersex Association) ha rilevato come nel 2023 si sia registrato un boom negli arresti relativi alla comunità LGBTQIA+ internazionale.
Il report ha inoltre rimarcato come abusi e maltrattamenti da parte della polizia nei confronti dei detenuti si siano verificati in quasi tutti gli arresti LGBTQ+ documentati.
Secondo il rapporto Our Identities Under Arrest, a novembre 2023 ben 63 Stati membri delle Nazioni Unite criminalizzano gli atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso. Sebbene il numero di Paesi che criminalizzano gli atti omosessuali sia costantemente diminuito negli ultimi dieci anni – Singapore, Isole Cook e Mauritius hanno depenalizzato le relazioni omosessuali in questo 2023 – il numero di arresti LGBTQ+ riguardanti l’espressione di genere o atti sessuali consensuali è andato incontro ad un “grave” picco.
Secondo ILGA, poi, il numero effettivo di casi potrebbe essere molto più elevato, poiché i documenti ufficiali sono spesso “inaccessibili o inesistenti”, e in molti casi questi arresti o procedimenti giudiziari non vengono registrati oppure “riportati in modo poco chiaro e parziale”. Nel suo report l’ILGA ha esaminato oltre 1.000 casi di arresti e procedimenti giudiziari LGBTQ+ nel corso di due decenni. La ricerca ha evidenziato tendenze particolarmente “allarmanti” in Paesi come Afghanistan, Ghana, Indonesia, Etiopia, Kuwait, Nigeria e Uganda.
“I paesi ampiamente considerati “sicuri” o “tranquilli” hanno assistito a cambiamenti improvvisi con un preavviso relativamente breve”, ha affermato la consulente Kellyn Botha. “I crescenti discorsi di odio contro la diversità sessuale e di genere – da parte di esponenti politici, leader religiosi e con la complicità dei media – si trasformano regolarmente in repressioni o campagne organizzate, la cui durata, portata e violenza non possono essere previste”.
Nel frattempo, Paesi come Burkina Faso, Burundi, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Equatoriale, Giordania, Libia, Maldive e Papua Nuova Guinea hanno registrato pochissimi arresti LGBTQ+ per anni, per poi andare incontro ad un improvviso aumento a partire dal 2021. Mentre Paesi come Kenya, Tanzania, Nigeria e Senegal hanno tentato di “aggravare le leggi esistenti”, altri come Iraq, Niger e Mali hanno ideato nuove leggi per criminalizzare le comunità LGBTQ+, dove prima non esisteva alcuna legge anti-LGBTQ+.
Lucas Ramón Mendos, responsabile della ricerca dell’ILGA, ha osservato che, sebbene la maggior parte delle leggi anti-LGBTQ+ si concentri sulla criminalizzazione degli atti consensuali tra persone dello stesso sesso, in molte giurisdizioni “il modo in cui una persona si veste, agisce o parla” la renda spesso un bersaglio ancora più facile per la polizia.
Mendos ha spiegato come questi tratti vengono spesso considerati dalla polizia come una “prova” di “omosessualità”, tanto da poter essere sufficienti per “giustificare un arresto”, indipendentemente dall’effettiva identità sessuale o di genere dell’individuo.
“È molto più probabile che qualcuno venga preso di mira per il suo aspetto o per come si comporta che per qualsiasi atto sessuale ‘illecito’ verificabile”, ha aggiunto.
Questi risultati dimostrano che, in molte parti del mondo, le comunità LGBTQ+ vivono “sotto una minaccia costante”, ha affermato Guchaten Sandhu, secondo cui la grave minaccia per le persone LGBTQ+ non sia reale solo per “le popolazioni colpite da improvvise ondate di ostilità, ma anche per i richiedenti asilo che rischiano di essere rimandati in Paesi dove saranno perseguitati”.
Realtà tristemente nota anche in Italia, dopo il discusso e ancora poco chiaro accordo tra il governo Meloni e l’Albania per i migranti in arrivo dall’Africa.
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