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Cannes diventa hot: sesso lesbico e le orge dello Stallone Cantona

Conquista la Croisette l’amore passionale tra una ragazzina e una pittrice nel fluviale “La vie d’Adèle” di Kechiche. Eric Cantona superdotato nel film di Gonzalez, Cocteau e Radiguet in Opium

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Non c’è mai crisi per “la droga dei poveri”, ossia il sesso, come lo definisce Aldo Busi. E nell’eterna dialettica fra erotismo accettato e pornografia bandita qui a Cannes è uno dei temi dominanti, oltre alla violenza estrema: nel fischiato ma intrigante “Only God Forgives” dell’emergente danese Nicolas Winding Refn un ipnotico Ryan Gosling, thai boxer senza scrupoli, osa persino estrarre le viscere della madre megera squartata, una strepitosa Kristin Scott Thomas cattivissima Lady Macbeth, con sommo raccapriccio degli spettatori mentre abbondano trans e prostitute nella migliore delle ipotesi malmenate a sangue.
Ecco quindi un’impennata di film con esplicite scene di passione carnale, ossessione copulatoria, accoppiamenti anche multipli e non manca l’orrore estetico in cui i due temi sono associati: è abominevole, per esempio, l’abuso sessuale con pannocchia nel brutto e confuso “Les salauds” (“Bastardi”) di Claire Denis, che pure aveva a disposizione Chiara Mastroianni e Vincent Lindon, vistosamente sprecati.
Così è tutto una sgomitata, uno strabuzzare d’occhi, uno spettegolare eccitato soprattutto fra maschi etero per le tre ore di fiammeggiante passione lesbica, girate con efficace stile naturalista nel magnifico La vie d’Adèle di Kechiche , tra una pittrice e un’insegnante d’asilo dieci anni più giovane, incantata dal fascino dotto della donna dai capelli turchini. Ma si parla soltanto della splendida scena di sesso esplicito di sette minuti senza esposizione genitale tra Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos (perfette, da premio), una delle più belle in assoluto del cinema lesbico. Qui ha già lanciato la moda di capigliature femminili azzurro turchese-lapislazzulo, crocchie acquamarine e ciocche blu di Persia, s’immagina nella speranza di far colpo sulle splendide virago che passeggiano sulla Croisette e conquistare talami sensuali.

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“Non ho niente di militante da dire sull’omosessualità – chiarisce Kechiche -. Non ho cercato di definirla e non c’è stato un solo momento durante il processo creativo della realizzazione del film in cui mi sono detto: ‘Sì, ma queste sono due donne…’ Raccontavo semplicemente la storia di una coppia. Non saprei dire perché ho parlato nello specifico di omosessualità, se avevo da discutere sull‘argomento. Il modo migliore era filmarla come qualunque altra storia d’amore, con tutta la bellezza che portava con sé. È più difficile riprendere le scene dei pasti che non quelle d’amore: ci sono le sculture dei corpi e la bellezza dell’atto che facilitano il lavoro. È stato un teleobiettivo in modo da essere meno invasivi.”
“Abbiamo girato a lungo le scene d’amore – spiega Léa Seydoux – a volte anche scoppiando a ridere. Ma ci siamo sentite sempre a nostro agio”. “Ho avuto fiducia nel regista – continua Adèle Exarchopoulos -, c’era talmente tanta libertà davanti all’obiettivo che non sapevamo cosa veniva filmato e cosa no”.
Ma anche per i ragazzi l’eros audace impera: Eric Cantona stallone orgiastico ci mancava. Il grande calciatore marsigliese, genere gorillone divorafemmine soprannominato “Re Eric”, reinventatosi attore grazie a Ken Loach che l’ha voluto protagonista del simpatico “Looking For Eric”, torna sul grande schermo in un ruolo tanto sorprendente quanto delirante. È il poeta frustrato detto Lo Stallone nel film più folle, la commedia d’avanguardia teatral-maialina “Les rencontres d’après minuit” diretta da Yann Gonzalez e presentata come evento speciale alle Semaine de la Critique. All’Espace Miramar non è facile trovare un posto libero, c’è un’atmosfera di frizzante attesa e il responsabile della selezione rassicura il pubblico: “Non preoccupatevi, è una ‘partouze pour tous’ (‘un’orgia per tutti’) e l’ammucchiata è anche di creatività cinematografica, di stili e d’idee”.

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Viene quindi presentato l’intero cast che sbuca da una porta laterale ed è un’ovazione quando il bel Cantona plana sul palco ringraziando per gli applausi fragorosi. Ma ancora più accalorata è l’accoglienza riservata a Béatrice Dalle, bellissima e selvaggia in scuro, una delle attrici francesi più impegnate nel cinema underground e di ricerca. Pochi minuti dopo eccoli sul grande schermo in una stravaganza vagamente bunueliana in cui una coppia borghese con cameriera en travesti organizza un’orgia a casa propria ma per irruzioni improvvise della polizia e altri contrattempi viene continuamente rimandata. A un certo punto Cantona estrae una dotazione monumentale (visibilmente posticcia) e la cameriera estasiata ne decanta le lodi mentre lo Stallone si lamenta per la vita autonoma dell’attrezzo che ha messo in secondo piano le sue doti artistiche. In un flashback delirante appare invece Béatrice Dalle vestita come una soldatessa dell’Armata Rossa e si mette a frustare da vera fetish mistress lo Stallone incarcerato. Nella scena più stravagante, in piena ammucchiata, lo Stallone riceve un’abbondante eiaculazione femminile in faccia. Balzano, originale, con strani inserti gotici in cui i personaggi prendono nuova vita, è un prodotto perfetto per la circuitazione nei festival gay.

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Ieri sera, in Salle Buñuel, è stata organizzata una splendida serata Cocteau in ricordo del cinquantenario della morte del sublime artista francese. Si è vista la versione restaurata del capolavoro “La belle et la bête” che invecchia benissimo nonostante i suoi 67 anni. È seguita la curiosa commedia musicale “Opium” di Arielle Dombasle prodotta grazie all’aiuto dello storico compagno di Yves Saint-Laurent, Pierre Bergé, di cui è stato letto un messaggio di saluto. In Opium si racconta la storia d’amore travolgente tra Jean Cocteau (Grégoire Colin, bravo e somigliante) e Raymond Radiguet (Samuel Mercer, molto viscontiano), conosciutisi nel 1918 sulla spiaggia di Villefranche e divenuti inseparabili fino alla morte di quest’ultimo nel 1923 per febbre tifoidea, probabilmente per aver mangiato delle ostriche infette. La sua scomparsa fece precipitare la dipendenza dell’artista dall’oppio, che ne devastò l’organismo. La vicenda viene spezzata da curiosi siparietti musicali e inserti in bianco e nero che ricostruiscono l’universo grafico di Cocteau con le sue celebri stelle e i ritratti stilizzati. Scopriamo infine che Radiguet tradiva Cocteau con donne mentre il poeta frequentava affollati luoghi di battuage.
Un’operazione interessante e onesta che restituisce dignità alla memoria di un grandissimo artista che in Plain Chant scriveva del suo amore: “Non amo dormire quando la tua figura abita la notte contro il mio collo. Perché penso alla morte che ci addormenterà troppo in fretta. Io morrò, tu vivrai, è questo che mi sveglia!”.

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