La Dea Fortuna di Ferzan Ozpetek: “Racconto la parte finale di una storia d’amore che si tramuta in altro”

Folla di giornalisti alla conferenza stampa romana de La Dea Fortuna, nuovo film di Ferzan Ozpetek. Ecco il nostro resoconto.

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È un vero e proprio ritorno al suo cinema, quello de Le Fate Ignoranti, Saturno Contro e Mine Vaganti, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, La Dea Fortuna, da giovedì 19 dicembre in sala.

Protagonisti Arturo (Stefano Accorsi) e Alessandro (Edoardo Leo), coppia da più di quindici anni. Nonostante la passione e l’amore si siano trasformati in un affetto importante, la loro relazione è in crisi da tempo. L’improvviso arrivo nelle loro vite di due bambini lasciatigli in custodia per qualche giorno da Annamaria (Jasmine Trinca), la migliore amica di Alessandro, potrebbe però dare un’insperata svolta alla loro stanca routine…

Al termine della proiezione stampa romana, il regista turco ha confessato le origini della sceneggiatura, da lui scritta insieme al fidato Gianni Romoli e Silvia Ranfagni.

La Dea Fortuna nasce da una telefonata di mia cognata, perché mio fratello aveva il cancro al pancreas. Ha due bimbi, e lei mi disse ‘se succederà qualcosa a noi due, dovrai occuparti dei miei figli’. Mi è presa l’ansia, mi sono detto ‘pensa tu avere due bambini a casa’. Ho chiamato Gianni, e lui mi ha detto ‘facciamone un film’. Al cinema di solito si racconta sempre il primo incontro, di una coppia gay. A me piaceva mostrare la parte finale di una storia d’amore. Dopo tot anni il rapporto cambia, non c’è più la passione degli inizi. Ma è valido per tutti, anche per le coppie eterosessuali. Ma è bello quando quell’erotismo iniziale, quella passione, si tramuta in altro. In affetto. Un sentimento universale. Ho provato a raccontare quel che conosco. Non ho voluto dare un messaggio, ho raccontato il mio stato d’animo.

La Dea Fortuna di Ferzan Ozpetek: "Racconto la parte finale di una storia d'amore che si tramuta in altro" - dea fortuna - Gay.it

Per Edoardo Leo, mai tanto bravo e fascinoso, il ruolo di una vita, quello di un ruspante idraulico.

Quando ho chiuso la sceneggiatura ho pensato che questo personaggio, in questo momento della mia vita professionale, fosse un regalo vero. Avere un autore come Ferzan, da anni speravo in una sua chiamata. Era la cosa migliore che mi potesse accadere in questo momento. Interpretare questo personaggio ha significato un impegno particolare, già di mio sono maniacale nella costruzione dei ruoli e in questo caso sono stato assorbito 24 ore su 24 dalla famiglia di Ferzan. L’immaginario collettivo italiano lega il ruolo dell’idraulico a determinati personaggi. Era insidioso reimmaginarlo, ma quando lavori con registi come Ferzan devi affidarti a quella visione. Gli ho chiesto solo di guidarmi nelle sfumature, nello smussare certi angoli. Ferzan ci ha chiesto di partecipare, un coinvolgimento maggiore. Una delle mie scene preferite, quella del litigio furibondo sul traghetto, è stata aggiunta due ore prima delle riprese. Non c’era, sulla sceneggiatura. I dialoghi sono stati scritti poche ore prima del ciak. Una scena nata da un’esigenza venuta a galla a me e a Stefano. L’abbiamo fatto notare a inizio riprese, e Ferzan ha aggiunto quella scena.

Completamente diverso da lui, perché studioso, traduttore, aspirante professore ed ex guida, il ruolo interpretato da Stefano Accorsi, già mattatore ne Le Fate Ignoranti.

Sono subito rimasto molto coinvolto, emozionato e divertito, dal copione del film. Ferzan ha trovato un modo di raccontare una storia che è unica ma che ha a che fare con la vita di tutti. Sia i copioni che i suoi film arrivano al cuore, sia come attore che come spettatore. Ferzan assedia un quartiere, quando fa un film, abbiamo vissuto in 60 persone in un quartiere per un mese. È un esperienza, è come fare un pezzo di vita insieme, che poi ti ricordi. E alla fine ti ricordi solo le cose belle. Con Ferzan vai sul set e non sai mai quel che succederà, hai un’idea ma è spesso l’opposto. La scena del ballo sotto la pioggia, è cambiata la mattina, improvvisamente. Il personaggio di Annamaria avrebbe dovuto ballare da sola in mezzo alla terrazza.

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Ad interpretare Annamaria, ovvero la madre dei due bimbi che piombono nelle vite di Accorsi e Leo, è una brava e credibile Jasmine Trinca, che ha letteralmente stregato il regista. “Voglio fare un film solo con Jasmine, spero di trovare una storia dove possa vederla tutti i giorni”, ha confessato Ferzan dinanzi ad una Trinca grata ed emozionata.

Il mio personaggio racconta la fortuna in un senso classico, il caso, quello che arriva improvvisamente. Lei è un elemento di svolta, perché irrompe in una routine sclerotizzata, che sconvolge un equilibrio. Sta a noi cavalcare il caso. Il dolore, in questo caso, si tramuta in amore. Il sentimento ha una visione trasformatrice. Questo film è un movimento di gruppo, un ballo collettivo.

Molto importanti, non a caso, le musiche, che Ozpetek ha qui volutamente abbondanti, quasi onnipresenti. Purtroppo do retta alle persone che mi dicono che uso troppa musica, in qualche mio film ho provato a trattenermi, mentre in questo me ne sono fregato. La musica la metto quando voglio“. Canzone trainante della pellicola, meravigliosa, Luna Diamante di Ivano Fossati, cantata da Mina, diventata nel tempo grande amica del regista turco.

Io parlerei di Mina 24 ore su 24, è una delle persone più importanti della mia vita, lei ha letto la sceneggiatura, ne abbiamo parlato, è stata lei a consigliarmi Barbara Alberti. Una delle persone più intelligenti e più buone che abbia mai conosciuto, ha un’esperienza di vita. Barbara poi l’ho cambiata, l’ho trasformata in questo film. Volevo che fosse la padrona di una casa alla Hansel e Gretel, perché il suo personaggio è un po’ una strega. Quando doveva dire la sua prima battuta, sulle scale, ero in ansia, ma è stata incredibile, è subito entrata nella parte. Con il cinema anche la persona più buona della Terra può diventare cattiva.

Presente in conferenza anche Gianni Romoli, storico co-sceneggiatore dei film di Ferzan, che ha così ricordato la genesi de La Dea Fortuna: “Quando scriviamo il copione, soprattutto le prime stesure, l’emozione è uno degli elementi guida. Non è un’emozione calcolata, non c’è una ricetta. Quando una storia ci piace e ci convince, io e Ferzan ci abbandoniamo alla storia. Poi subentra il confronto con gli attori, perché per quanto uno possa scrivere bene, il testo scritto è sempre inevitabilmente scritto. Solo con il confronto del testo con l’attore, quel testo diventa un vissuto, la sceneggiatura è un organismo mobile che si evolve. È fondamentale avere uno script di ferro, definitivo, perché solo quello permette a regista e attori di improvvisare, di cambiare le regole del gioco, perché consapevoli di essere protetti dalle pagine della sceneggiatura“.

Sul set anche Cristina Bugatty, che ha ringraziato Ozpetek per non aver mai ostentato la sua condizione transgender, all’interno della pellicola, Filippo Nigro e l’immancabile Serra Yilmaz, storico volto del cinema di Ferzan.

Chiusura meritata con Barbara Alberti, per la prima volta attrice nei panni di una diabolica baronessa: “Questo film è molto politico. È la prima volta che vado al cinema e la tematica non è ‘siamo gay o non siamo gay’, bensì ‘siamo felici o non siamo felici’“.

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