Un quarto di secolo fa il mondo intero impazziva per Pedro Almodovar, fino ad allora regista spagnolo celebre soprattutto per i suoi titoli surreali, eccentrici, grotteschi, straordinariamente queer, specchio di una Madrid che usciva dalla dittatura franchista andando incontro alla libertà, al colore. Nel 1999, con Tutto su mia Madre, tutto cambia. Pedro vira verso il melodramma e fa centro.
Presentato in Spagna a inizio aprile e successivamente in concorso al 52º Festival di Cannes, Todo sobre mi madre si portò a casa il premio per la miglior regia, conquistando poi l’Oscar e il Golden Globe come miglior film straniero. E non solo. Tutto su mia Madre vinse anche due Bafta, compreso quello per la miglior regia, e tre European Film Award, compreso quello per il miglior film, ma anche un César, un David di Donatello e 7 Goya. Dopo 20 anni di carriera, e quel primo exploit datato 1988 e chiamato Donne sull’orlo di una crisi di nervi, Almodovad deflagra, con un film che incassa ben 70 milioni di dollari dopo esserne costati meno di 5. Tutto su mia Madre sbancò anche il box office italiano, con quasi 8 milioni di euro incassati.
Tragedia e commedia, lacrime e risate, tra sieropositività, omosessualità, genitorialità e transessualità, cinema e teatro. Manuela, coordinatrice dell’organizzazione nazionale per i trapianti, perde in un incidente stradale il figlio diciassettenne Esteban: era il giorno del compleanno del ragazzo e insieme erano andati a teatro a vedere “Un Tram Chiamato Desiderio”, interpretato dalla nota attrice Huma Rojo. Sconvolta dal dolore Manuela decide di tornare da Madrid a Barcellona per rintracciare il padre del figlio, ora donna transessuale che non vede da diciotto anni, di nome Lola.
Trama ormai diventata celebre, per un film che chiuse il millennio passato con potenza e malinconia, un inno a tutte le donne e a detta di Almodovar a quella “normalità” che “non va guardata con tolleranza, ma con naturalezza. La tolleranza implica un giudizio morale imposto da fedi politiche o sociali. La naturalezza, invece, riflette semplicemente la normalità“.
Il titolo, Tutto su mia madre, omaggia Eva contro Eva del 1950, il cui titolo originale è All About Eve (letteralmente Tutto su Eva). Non a caso a inizio pellicola Manuela e suo figlio guardano in televisione proprio il capolavoro di Joseph L. Mankiewicz. Splendida anche la colonna sonora creata da Alberto Iglesias, storico collaboratore di Almodovar per 4 volte candidato agli Oscar, trainata da Tajabone di Ismael Lo. Nel cast una monumentale Cecilia Roth e una meravigliosa Marisa Paredes, con una giovane Penélope Cruz negli abiti di Nina e Toni Cantó in quelli di Lola.
25 anni, quelli a breve compiuti da Tutto su Mia Madre, da celebrare ricordando l’indimenticato monologo di Agrado, interpretata da Antonia San Juan.
“Mi chiamano Agrado perché per tutta la vita ho sempre cercato di rendere la vita gradevole agli altri… oltre che gradevole sono molto autentica. Guardate che corpo… tutto su misura. Occhi a mandorla 80 mila. Naso, 200 buttateli tutti perché l’anno dopo me l’hanno ridotto cosi con una altra bastonata. Tette, due, perché non sono mica un mostro, però le ho già super ammortizzate. Silicone.. naso,fronte, zigomi, fianchi e culo. Un litro sta sulle 100 mila, perciò fate voi il conto perché io già l’ho perso. Limatura della mandibola 75 mila. Depilazione definitiva col laser, perché le donne vengono dalle scimmie quanto l’uomo, sino a 4 sedute, però se balli il flamenco ce ne vogliono di più è chiaro. Quello che stavo dicendo è che costa molto essere autentica signora mia… e in questo non bisogna essere tirchie, perché una più è autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa“.
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